IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE : MIGLIORARE IL PROPRIO ATTEGGIAMENTO PER MIGLIORARSI

                



Il nostro blog nasce proprio con l’intento di porre l’accento sulla qualità della vita e sul benessere  soggettivo che ne deriva, per renderci consapevoli delle  risorse interiori, esclusivamente NOSTRE e non legate ai beni materiali di cui disponiamo. Negli ultimi anni numerose sono state le ricerche scientifiche che hanno sottolineato come il raggiungimento del ben-essere, vivendo ottimamente, stia diventando non solo un’aspirazione individuale ma un vero e proprio obiettivo di ricerca (American Psychologist 2005, Ricerche di Psicologia, special issue, 2004).   Dunque il benessere deriva da una disposizione mentale, da un atteggiamento. Quante volte  è capitato al mattino di alzarci con il piede sbagliato e di vivere i momenti di quella stessa giornata con un umore nero e interpretare gli eventi in maniera negativa? Ecco come si può spiegare l’atteggiamento che può influenzare l’intera qualità della nostra vita. In generale per atteggiamento si intende la disposizione della nostra mente nei confronti di ciò che ci succede, è il modo con cui scegliamo di pensare a noi stessi, agli altri e al mondo e i nostri atteggiamenti sono un riflesso delle nostre convinzioni. Perciò l’atteggiamento si  configura come qualcosa di più complesso. Esso è costituito da diverse componenti come le emozioni, i nostri pensieri, i comportamenti, le relazioni con gli altri e con il mondo in generale e il nostro corpo. Chiunque infatti ha detto o ha sentito dire ad un amico o/a persone a lui care frasi di questo tipo : oggi mi sento triste, perché temo di non concludere nulla nella mia vita, quindi preferisco uscire e andare a fare shopping, o starò qui fermo perché voglio stare da solo, e poi mi sento scarico e privo di energie. Se analizziamo parola per parola, la frase appena letta, ci accorgeremmo che sono presenti i diversi elementi che costituiscono l’atteggiamento. Se siamo tristi, avremmo pensieri negativi, se siamo allegri saremo anche più ottimisti, se siamo preoccupati avremo la mente occupata dalle paure che ci offuscano e ci rendono fragili. Potrebbe allora aiutarci un atteggiamento positivo alla vita, dove gli ostacoli vengono trasformati in obiettivi da raggiungere e superare. Tale atteggiamento è generalizzabile ai diversi contesti di vita quotidiana, dalla scuola all’università, in famiglia, con il partner, sul posto di lavoro, con gli amici.


Inizialmente l’ottimismo era considerato come appartenente alla corrente della psicologia del senso comune, è soltanto a partire dal 2000 che essa è entrata a far parte della psicologia scientifica, come costrutto vero e proprio (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000). Nel 1990 infatti lo Psicologo statunitense Martin Seligman ha pubblicato un libro che gettò le basi per la nascita della psicologia positiva, il libro si intitolava “Imparare l’ottimismo”. di fatto l’autore ha dimostrato come si possa imparare a pensare positivo. Ottimisti non si nasce, ma ci si diventa! Numerose ricerche attestano che gli ottimisti si ammalano di meno, vivono più a lungo, hanno una vita relazionale più ricca. Basta cambiare il proprio modo di interpretare gli eventi. Martin Seligman è direttore del Centro di Psicologia Positiva dell’Università  della Pennsylvania, autore di 15 libri, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue e grandi quantità di articoli pubblicati anche su numerose riviste scientifiche; egli stesso affermò: “Divenne la mia missione indirizzare la scienza e la pratica della psicologia verso una grande domanda: Come possono gli esseri umani essere più felici e come possiamo imparare ad esserlo?” (Martin Seligman). Da qui, l’acronimo PERMA (Positive emotion, Engagement, positive Relationships, Meaning, Achievement) che secondo l’autore identifica gli elementi fondamentali che dovrebbero essere parte integrante di una vita vissuta pienamente. Il suo principale interesse fu infatti individuare caratteristiche, risorse e competenze per poterli trasformare in potenzialità senza naturalmente negare il disagio psicologico. Gli studiosi Sheldon e King (2001) affermano che “la Psicologia Positiva non è niente di più che lo studio scientifico delle forze e delle virtù degli esseri umani […], considerando la persona media e cercando di individuarvi cosa funzioni e cosa sia possibile migliorare”. Con questa definizioni anche questi autori hanno sottolineato come un ruolo fondamentale per migliorare il proprio atteggiamento siano le risorse interiore e le potenzialità degli individui, concentrandosi così sui punti di forza delle persone.


Secondo un articolo apparso su Le Scienze.it del 2011, l'ottimismo si troverebbe in un gene, ma, aggiungono anche, "si può imparare". Secondo un gruppo di ricercatori dell'Università della California a Los Angeles, è stato individuato un gene strettamente connesso all'atteggiamento ottimistico, all'autostima, all'attribuzione di causa data agli eventi che si susseguono durante la nostra vita. Shelley E. Taylor, colei che ha diretto lo studio, ha affermato difatti che è da tanti anni che è alla ricerca di un gene collegato alle sopracitate risorse psicologiche ma è arrivata alla conclusione che non era il gene che si aspettava di trovare. Il gene di cui parla codifica un recettore dell'ossitocina (OXTR), un ormone che aumenta di fronte allo stress ed è associato a buone abilità sociali e in una specifica posizione può presentarsi in due varianti: variante A (adenina) e variante G (guanina). Diversi studi hanno suggerito che le persone con almeno una variante "A" sono maggiormente sensibili allo stress, dimostrano carenti abilità sociali e sono più esposti a problemi di salute mentale. I ricercatori hanno contestato che le persone che nello specifico hanno due A, o una A e una G, manifestano livelli più bassi di ottimismo, autostima, autoefficacia e autocontrollo sugli eventi della propria vita rispetto alle persone che hanno due G.

“A volte le persone sono scettiche sul fatto che i geni possano far prevedere qualsiasi tipo di comportamento o lo stato psicologico. Penso che abbiamo dimostrato in modo conclusivo che lo fanno”, ha sostenuto  Taylor, che ha però evidenziato che ciò non significa appieno che lo determinino. Continua Taylor: “Alcune persone pensano che i geni siano il destino, che se si ha un gene specifico, allora si avrà un esito particolare. Non è assolutamente così. Questo gene è un fattore che influenza le risorse psicologiche e la depressione, ma c'è molto spazio per i fattori ambientali. Un buon sostegno durante l'infanzia, buone relazioni, amici e anche altri geni hanno tutti un ruolo nello sviluppo delle risorse psicologiche, e questi fattori svolgono un ruolo molto importante se le persone diventano depresse”; più geni si studiano, più ci si rende conto che molti fattori influenzano la loro espressione”. Ma anche coloro che possiedono la variante A sono in grado di gestire lo stress e/o superare la depressione, spiega Taylor, perché non hanno trovato nulla che interferisse con le modalità di coping, ovvero strategie di fronteggiamento di eventi stressanti. Si conclude così l’articolo che arriva a confermare ciò che sostiene anche Seligman, che se all’inizio prima della scoperta di questo gene, per la Taylor la biologia determinasse gran parte del comportamento, ora sostiene, come sia stata una sorpresa osservare che le buone relazioni sociali potessero modellare la biologia di base, anche per quanto riguarda l’espressione genica.
Dunque l’ottimismo si può imparare, l’atteggiamento positivo è solo una diversa lettura dei significati che diamo ai nostri eventi. Proviamo dunque a considerare l’altro lato della medaglia (Giannantonio M., Boldorini A.L., 2005) come se fosse un gioco, osservare con desiderio di sapere e apertura mentale ciò che ci succede, potrebbe contribuire a migliorare il nostro umore e migliorare perché no, anche la nostra autostima e la visione che abbiamo di noi stessi. Parafrasando una canzone di un famoso artista italiano, Prendiamoci il Meglio che questa vita ci riserva, o per lo meno, io aggiungo proviamo a considerare il meglio piuttosto che il peggio. Tentar non nuoce.

Dott.ssa Carmela Gratteri



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