10 CONSIGLI PER SOPRAVVIVERE ALLO STRESS DEL NATALE

Eccoci qui, già abbondantemente immersi nell'atmosfera natalizia! Vetrine dei negozi, spot in tv e sul web, servizi sui giornali, tutto in questo periodo ci ricorda che tra pochi giorni sarà Natale!
Le luci, il calore delle persone care, lo spirito di bontà e fratellanza che pervade i nostri cuori ma anche una buona dose di stress!

Secondo un'inchiesta, pubblicata lo scorso anno dalla testata VDG Magazine, in Italia, la sensazione più diffusa, in attesa delle festività natalizie, sembra essere proprio lo stress, seguito da impazienza e nervosismo. I risultati delle interviste pongono in cima agli aspetti meno graditi: il sentirsi in dovere di fare qualcosa anche se non se ne ha voglia; seguito dall'angoscia del traffico cittadino e dall'idea di vivere sul filo dei due minuti. Tra i tipi di ansia caratteristici, la ricerca cita infine: la paura di esagerare col cibo e lo stress causato dai parenti e dalla compagnia.

Sensazioni davvero familiari che, allo scattare del clima natalizio, sembrano stridere di gran lunga con le diverse frasi di auguri che citano gioia e serenità.

Con l'avanzare della società consumistica, la magia del Natale sembra infatti aver lasciato il posto a innumerevoli fonti di stress, così, quello che dovrebbe essere un periodo di festa, rischia di trasformarsi in un vero e proprio impegno, da assolvere in maniera perfetta e impeccabile.

Ecco allora che alla prima vetrina addobbata in centro, alla prima pubblicità in tv, alla prima telefonata dei parenti, veniamo assaliti da una vera e propria ansia da prestazione; il clima natalizio rischia quindi di inghiottirci e non di avvolgerci, come sarebbe più auspicabile. Inizia allora la corsa al regalo perfetto, al piatto perfetto, al messaggio di auguri perfetto...accompagnata da una serie infinita di propositi di cambiamento e da un carico di aspettative che spesso fatichiamo a sopportare.

Se da un lato il clima di austerità imposto dall'attuale crisi economica, sembra aver arginato la frenesia consumistica della festa, la tradizione non sembra aver perso quella patina di felicità a tutti i costi che la contraddistingue. Senza dubbio il Natale rappresenta una ricorrenza unica, un'occasione per ritrovarsi e riscoprire il piacere di stare insieme, un momento per condividere e diffondere sentimenti positivi. Non possiamo però pretendere che i nostri stati d'animo siano necessariamente uniformati al contesto, per il semplice fatto che il nostro tono dell'umore non può essere imposto o modificato con uno schiocco di dita. Inoltre, molto spesso, questa dissonanza tra l'ambiente circostante e quello che proviamo internamente, facilita sensazioni di inadeguatezza e una predisposizione negativa nei confronti dell'ambiente circostante, rinforzando ansia, stati di prostrazione e sconforto


Come uscirne? Non esistono ricette preconfezionate, ma una serie di accorgimenti può aiutarci a ridurre stress e ansia agendo positivamente sui nostri stati d'animo.

Il Blog del Benessere Psicologico, prova quindi a fare un regalo utile ai propri lettori con 10 pratici consigli per affrontare lo stress delle feste. Leggeteli, provateli e fateci sapere come è andata!


1) RIDIMENSIONA LE ASPETTATIVE

Il benessere interiore dipende da come ci percepiamo. Felicità e serenità non devono necessariamente rappresentare degli obiettivi, meglio considerarli dei percorsi durante i quali vanno messi in conto eventuali ostacoli e imprevisti. Soprattutto in attesa del Natale è consigliabile quindi stilare mentalmente un bilancio preventivo che tenga conto anche degli eventi poco piacevoli.
Il "Natale perfetto"  forse è proprio quello che scende a patti con le proprie imperfezioni!


2) EVITA DI SCONVOLGERE RITMI E ABITUDINI

Senza dubbio in questo periodo dell'anno si tende a modificare orari e consuetudini (pranzi e cene in famiglia, visite a parenti e amici, serate in compagnia). Tutte attività che possono risultare piacevoli, il rischio è però quello di sostituire una routine con un'altra routine! Ricorda che le festività natalizie oltre che una ricorrenza, sono una vacanza, un momento di pausa dal lavoro e dagli impegni. Non rinunciare quindi ai tuoi hobby, anzi approfittane per dedicarti con più calma a ciò che ti piace coinvolgendo le persone a te vicine.
Una visita di auguri in casa di amici o parenti può essere vissuta come un'incombenza da assolvere a tutti i costi, perchè allora non trasformarla, quando possibile, in un invito a trascorrere una serata al cinema o facendo una passeggiata in centro.


3) LASCIA PERDERE I PROPOSITI DI CAMBIAMENTO

Chi di noi non ha ascoltato almeno una volta "L'anno che verrà" del grande Lucio Dalla? E chi di noi non si è trovato alle soglie del nuovo anno a imporsi buoni propositi come smettere di fumare o mettersi a dieta. Nulla da eccepire sul carattere positivo delle intenzioni, il problema sta piuttosto nella loro natura. Un'intenzione di cambiamento dovrà per forza di cose essere negoziata con il contesto che molto spesso ne ridimensiona gli intendimenti. Meglio riflettere allora sul fatto che i grandi cambiamenti non possono essere decisi in un attimo e non possono essere relegati a un determinato periodo dell'anno, sono piuttosto frutto di un lavoro interiore caratterizzato da piccoli passi, tanta umiltà e poca severità verso noi stessi; è la sottile differenza che distingue l'adeguamento, dall'adattamento.
"L'anno che sta arrivando, tra un anno passerà. Io mi sto preparando è questa la novità"


4) DEDICATI AGLI ALTRI

In uno studio pubblicato nel 2011 dalla rivista scientifica Psychosomatic Medicine, due ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università della California (Tristen K. Inagaki e Naomi I. Eisenberger) si sono occupati di indagare le potenzialità benefiche a livello psicologico percepite da chi si ritrova ad aiutare il prossimo in momenti di difficoltà o dolore. Attraverso procedure di neuroimaging funzionale, è stato possibile rilevare l'attivazione di alcune aree del cervello connesse al comportamento materno e alla socializzazione e una riduzione dell'attività dell'amigdala connessa allo stress emotivo. Aiutare chi è in difficoltà non gioverebbe solamente al destinatario delle attenzioni, ma anche a colui che le mette in pratica. La classica "buona azione" potrebbe quindi agire positivamente su un eventuale umore depresso.


5) FATTI UN REGALO

Bene dedicarsi agli altri, ma senza dimenticare se stessi. In un periodo caratterizzato dalla corsa ai doni e agli auguri, il rischio è quello di dimenticare di fare un regalo per sé. Ricorda inoltre, di dedicare almeno un'ora del tuo tempo libero ad un'attività che ti piace davvero!


6) PERMETTI A TE STESSO DI ESSERE MALINCONICO

La nostalgia del tempo passato e i vecchi ricordi, sembrano essere una costante del periodo natalizio, molto spesso allora si tende ad allontanare questi stati emotivi, forzandosi di controllarli per non rovinare la festa a nessuno. Strategia che il più delle volte si rivela fallimentare.
Dialogare con i propri stati d'animo aiuta a riconoscerli e a migliorarli, non è sintomo di debolezza e vulnerabilità ma facilita la maturazione affettiva. Occhio però a non sacrificare le relazioni sociali, l'introspezione non deve rappresentare necessariamente un sinonimo di chiusura.


7) ASCOLTA LE ESIGENZE ALTRUI E FAVORISCI LA PARTECIPAZIONE

Come sappiamo il Natale non è solo auguri, dolci e regali, ma anche organizzazione. Purtroppo però, molto spesso, programmare un cenone di Natale o scegliere come trascorrere la notte di Capodanno diventa più difficile del previsto. A volte, per comodità, pressati dall'ansia di prendere una decisione in tempi brevi o semplicemente perchè il "programmino" che abbiamo in testa ci piace particolarmente, rischiamo di incorrere nell'errore di imporre alla famiglia o al gruppo di amici attività che in realtà vanno bene solo a noi. In questi casi un consiglio utile può essere quello di mettere in pratica una comunicazione più improntata sulla forma interrogativa del tipo: "Che ne pensi se...?" ; "Che ne diresti di...?" ; "Ti piacerebbe...?". Ottenendo così il doppio risultato di conoscere le idee altrui e rendere gli altri partecipi sin dall'inizio all'organizzazione dell'attività in questione.


8) COMUNICA CON CHIAREZZA CIO' CHE TI PIACE FARE, EVENTUALI ESIGENZE O RICHIESTE PARTICOLARI.

 Regola fondamentale e applicabile in vari contesti. Meglio esprimere fin da subito la nostra idea, dimenticando i sensi di colpa o le formalità, senza trascurare equilibrio, predisposizione all'ascolto e flessibilità


9) METTI DA PARTE PERFEZIONISMO E ATTEGGIAMENTO CONTROLLANTE

Il Perfezionismo, come la pretesa di tenere ogni cosa sotto controllo, rappresentano al contempo cause e conseguenze dell'ansia e dello stress, soprattutto per chi ha l'onore (e a questo punto anche l'onere) di ospitare parenti e amici per il cenone. L'esigere che tutto funzioni alla perfezione aumenta il nostro stato d'ansia. Il nostro cervello, seguendo una strategia economica, ma poco efficace, può quindi suggerirci di controllare ogni cosa, con l'inevitabile risultato di vedere deluse le nostre aspettative. Tutto ciò può provocare senso di insoddisfazione, un aumento dei nostri livelli di stress e soprattutto ancora ansia. Un vero e proprio circolo vizioso.
In questo caso può esserci d'aiuto pensare che non si possono sfruttare al meglio le nostre risorse, senza riconoscerne i limiti. Quindi "meglio poco e bene che quasi tutto e male"


10) USA L'IRONIA

Vedere il lato comico della vita, permette infatti di sdrammatizzare i momenti difficili, alleggerire le nostre giornate e soprattutto scaricare lo stress accumulato. Quindi se la cena coi parenti ci preoccupa per l'eventuale riemergere di dissapori e incomprensioni, l'ideale forse è evitare di prenderci troppo sul serio!

                                                                                                   
                                     Dott. Santo Cambareri  


3 DICEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITA'

“Ciao genitori belli di tutti, sono graditi visi sorridenti”


Questa è la risposta che Andrea Antonello, ragazzo con autismo, rivolge al padre Franco quando gli chiede di dire qualcosa a tutti quei genitori che hanno figli affetti da tale disturbo.

Ed è così che l’Équipe del Benessere Psicologico, oggi 3 DICEMBRE, vuole ricordare la GIORNATA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ; oltre che con le statistiche e le convenzioni soprattutto con tanta umanità. Quell’umanità che spesso si perde nel cercare il vocabolo più adeguato per “etichettare” una persona senza offenderla, ma perdendo di vista il fatto che, prima di tutto, è una PERSONA. Andrea ci ricorda l’importanza del sorriso, di un gesto affettuoso, della solarità che aiuta ad andare avanti più di tante leggi.


La Giornata Internazionale è stata istituita nel 1981, Anno Internazionale delle Persone Disabili, per promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza su tale tematica, per sostenere la piena inclusione in ogni ambito della vita e per allontanare ogni forma di discriminazione e violenza.
Nel dicembre 2006, l’Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato la CONVENZIONE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ. Attraverso i suoi 50 articoli, la Convenzione indica la strada che gli Stati del mondo devono percorrere per garantire i diritti di uguaglianza e inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo.
L’Italia, con la legge n. 18 del 3 marzo 2009 (pubblicata in G.U. n. 61 del 14 marzo 2009) ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite e del relativo protocollo opzionale, sottoscritta il 30 marzo 2007.   La medesima legge istituisce L’OSSERVATORIO NAZIONALE SULLA CONDIZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ che ha, tra gli altri, il compito di promuovere l'attuazione della Convenzione ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate in raccordo con il Comitato Interministeriale dei Diritti Umani (CIDU). Inoltre già un decennio prima si era occupata di formulare delle leggi (legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni, alla legge 8 novembre 2000, n. 328) che cambiavano la visione della persona con disabilità nella nostra società.


Nel mondo le persone con disabilità sono circa un miliardo (il 15% della popolazione) e l’82% vive in paesi in via di sviluppo. In questi paesi, il 90% non ha accesso ai servizi riabilitativi e solo il 5% dei minori può accedere ad una educazione formale. A questi dati si aggiunge che più dell’80% delle persone con disabilità nel mondo non ha un impiego e spesso sono segregate in istituti e centri speciali.
In Europa, ancor più del 60% di bambini nelle scuole primarie segue le lezioni in classi o scuole speciali. Nella gran parte dei paesi in via di sviluppo non vi sono adeguati servizi sanitari per cui le persone con disabilità hanno un’aspettativa di vita inferiore rispetto ai loro fratelli che vivono nei paesi industrializzati. La condizione di disabilità è causa ed effetto di povertà, perché le persone sono soggette a discriminazioni e a mancanza di pari opportunità ciò produce una limitazione alla partecipazione sociale e violazione dei diritti umani.
Per quanto riguarda l’Italia, possiamo ritenerci “fortunati” a livello di servizi erogati dallo Stato, qualora facessimo il confronto con i paesi in via di sviluppo, ma non con i paesi industrializzati. I dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità del 2010 attestano la presenza di 2 milioni e 615.000 disabili fino a 65 anni. Si tratta del 5% della popolazione; se si aggiungono anche le persone diversamente abili oltre i 65 anni si arriva a superare il 18%.

Si nasce con la disabilità e quindi essere congenita o svilupparsi successivamente a causa di malattie o incidenti, cambia poco in quanto il ruolo della società e dei singoli cittadini è sempre lo stesso: garantire i diritti, l’autonomia, l’istruzione e l’integrazione nella vita sociale.

Oggi i mass media aiutano tanto nell’informare tutti su come vivevano una volta i disabili e sui cambiamenti che ci sono stati ad oggi e su quanto ancora si deve lavorare. Lo ricordano tutti i giorni i ragazzi con Sclerosi Laterale Amiotrofica che protestano davanti Montecitorio; lo ricordano i partecipanti e i vincitori delle paraolimpiadi: TUTTO È POSSIBILE, BASTA CREDERCI!



Le FAMIGLIE di bambini con disabilità,si spendano tantissimo, e non solo a livello economico, ma soprattutto a livello emotivo per il proprio figlio. Si cerca di fargli ottenere il massimo in termini di qualità della vita con cure mediche, psicologiche, abilitative e riabilitative per far si che raggiungano la propria indipendenza e diminuisca la paura del futuro… quel futuro che arriverà dopo la loro morte. 

Continuate con la forza e il coraggio che contraddistingue i genitori anche nei giorni più bui in cui vorrete mollare tutto, in cui non vedrete risultati dall’ennesima terapia e in cui avrete vissuto l’ennesima umiliazione. Perché i risultati arriveranno insieme alle soddisfazioni. I momenti bui serviranno proprio per fermarsi, riflettere, raccogliere le idee e ripartire da li, facendovi aiutare oltre che dai professionisti del settore, dai nonni, amici e soprattutto dagli altri figli.

Il valore di un FRATELLO o di una SORELLA di un bambino con disabilità (in inglese definito “Siblings”) non è mai da sottovalutare sia per il supporto che forniscono ai genitori nelle incombenze domestiche sia a quello fornito al fratello con disabilità nelle sue attività o nel tempo libero (Seltzer, Begun, Seltzer e Krauss, 1991), ma anche nell’apprendimento, nella regolazione emotiva e nelle relazioni sociali. È importante che i fratelli partecipino a tutti gli aspetti della vita dell'altro, dalle visite specialistiche alle terapie farmacologiche e psicologiche. I bambini hanno una ricca immaginazione e negare loro la conoscenza della verità li porta a cercare risposte in maniera autonoma e spesso errata vedendo il fratello come l’unico bisognoso di attenzioni e di affetto e quindi il preferito e ciò mina l’immagine che ha di sé e la propria autostima.

Di contro, soprattutto quando il fratello disabile è il secondogenito, non si può costringere un bambino ad avere attenzioni particolari per il fratello, a restare sempre con lui ed obbligarlo a coinvolgerlo nei giochi ed in ogni momento di svago perché il rischio è che il fratello sia vissuto come una presenza imposta dai genitori e si trasformi in un impedimento, un peso da dover sopportare. E' importante che i bambini, tutti, abbiano il loro spazio personale e i loro momenti di solitudine, che possano avere del tempo per se stessi e un luogo tutto loro in casa in cui rifugiarsi. Il dialogo aiuterà i genitori a sostenere i propri figli e favorirà la nascita di un rapporto paritetico tra fratelli, dove nessuno sarà inferiore o superiore all'altro.

Quando il fratello disabile è il maggiore, come nel nostro caso, la situazione è leggermente diversa. Le diversità saranno comprese solo dopo qualche anno, quando il bambino inizierà ad interagire a livello sociale e scoprirà che il fratello o la sorella hanno abilità diverse rispetto gli altri. E' a questo punto che dovranno essere date tutte le spiegazioni necessarie, per non creare differenze e gelosie tra fratelli.Per cui mia cara signora tenga sempre aggiornata la bambina di tutto ciò che riguardi il fratello e vedrà.

Gli operatori del settore tra cui lo psicologo, il fisioterapista, il logopedista, il neuropsichiatra infantile sono figure fondamentali innanzitutto perché permettono di fornire un’adeguata diagnosi del disturbo, punto di partenza fondamentale per stabilire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine da raggiungere e le tecniche riabilitative con cui farlo.

E allora COLLABORIAMO INSIEME per l’abbattimento delle barriere architettoniche e facciamo nostro lo slogan delle Nazioni Unite “rompi le barriere e apri le porte; per realizzare una società inclusiva per tutti!” senza discriminazioni, esclusioni e violenze.

Dott.ssa Moira Casella

CONCLUSO CON SUCCESSO IL CORSO EFFICACE-MENTE, MA IL PROGETTO CONTINUA...



Un successo! E' la definizione più appropriata per descrivere i 4 incontri del corso "Efficace-mente, teorie e tecniche per migliorare il metodo di studio". Non potevamo quindi esimerci dall'inserire all'interno del nostro Blog del Benessere Psicologico, un pubblico ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa.


Cultura, storia della psicologia, condivisione di esperienze, approfondimento di concetti e tecniche che hanno permesso agli studenti dell'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria, di confrontarsi, testare e potenziare il proprio approccio allo studio; dalla motivazione all'autostima, passando per ansia da esame e consigli utili per aiutare la memoria; questi i temi trattati nel corso dei seminari.

Un appuntamento fisso, messo in agenda dagli studenti dell'Ateneo reggino, che per tutti i mercoledì di novembre hanno contribuito a dar vita ad un vero e proprio spazio di discussione, esplorazione e ricerca.

Un'esperienza con una forte connotazione interattiva, si è cercato infatti di sperimentare una forma partecipata di attività teorico-pratica. Gli iscritti al corso non hanno solo avuto modo di acquisire nozioni psicologiche riguardanti gli aspetti dello studio universitario, ma hanno potuto cimentarsi in veri e propri esercizi che hanno messo alla prova attitudini e capacità, indagando da vicino i meccanismi che danno vita ad attribuzioni, false credenze e distorsioni cognitive che molto spesso finiscono per bloccare il risultato o inficiare la performance accademica. Il coinvolgimento e l'interesse degli studenti per le attività svolte, ci ha permesso quindi di uscire dagli schemi di una semplice lezione frontale, toccando con mano la ricerca scientifica per metterla al servizio del benessere e dell'auto-efficacia.

Partecipazione e interesse, hanno caratterizzato il corso Efficace-mente sin dall'inizio. Un'idea nata dalla collaborazione tra l'Associazione New Deal e la nostra Équipe del Benessere Psicologico per la realizzazione della quale l'Università "Mediterranea" ha messo a disposizione i propri locali. Un'attività sperimentale dalle umili pretese che ha dato vita a un risultato oltre ogni più rosea aspettativa. Ci siamo visti costretti ad accantonare il numero massimo di partecipanti (fissato inizialmente a 25 studenti) dopo appena due giorni dall'apertura delle iscrizioni, arrivando a toccare quota 50 iscritti!



Come specificato nell'ultimo incontro, il "coraggio" ha contraddistinto questa iniziativa.
Il coraggio di sperimentare messo in campo dalla New Deal che ha deciso di investire tempo e risorse nella realizzazione del corso, intercettando pienamente le esigenze degli universitari; il coraggio degli studenti, che hanno scelto di integrare il classico lavoro di studio con un'ora e mezza a settimana dedicata all'approfondimento di processi e tecniche di potenziamento e che soprattutto hanno permesso, attraverso un piccolo contributo simbolico, la realizzazione di un progetto completamente autofinanziato.

Programmi per il futuro? Tanti! Non abbiamo infatti intenzione di fermarci qui. 
Con "Efficace-mente" non si è dato vita a un semplice corso ma si è creato uno strumento.

Proviamo allora a riassumere cosa c'è in cantiere.


Il gruppo facebook riservato ai partecipanti al corso, continuerà ad essere a disposizione degli iscritti, per chiarimenti, appunti e soprattutto per richiedere commenti approfonditi sui questionari e sul materiale psicodiagnostico somministrato, avendo ora a disposizione un profilo più completo su motivazione accademica, ansia e autostima. In secondo luogo, abbiamo intenzione di trasformare "Efficace-mente" in una vera e propria piattaforma di supporto agli studenti attraverso i social network, il nostro blog, le realtà associative che ci hanno sostenuto o vorranno sostenerci in futuro e soprattutto con l'istituzione (lo auspichiamo!) di uno sportello di counseling psicologico universitario e ancora, considerato l'interesse per il materiale presentato durante gli incontri, proveremo a condensarlo in una piccola guida allo studio efficace. L'obiettivo è quello di dar vita a un manuale, consultabile dagli studenti e distribuito attraverso la reti associative presenti all'interno delle realtà universitarie. 


Non ci resta quindi che darvi appuntamento a presto, anzi a prestissimo... Nel frattempo continuate a seguirci!


                                                                     
                                                                    
                                                                     Dott. Santo Cambareri
                                                                    Dott.ssa Moira Casella
                                                                           Dott.ssa Carmela Gratteri




UNO SPOT NAZIONALE PER GLI PSICOLOGI ITALIANI

La brochure della campagna
di Santo Cambareri

"CON L'AIUTO DI UNO PSICOLOGO IL DIFFICILE DIVENTA FACILE". Questo lo slogan della campagna pubblicitaria avviata in questi giorni dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi. Un vero e proprio spot in favore della professione di psicologo che porta la firma della "Lorenzo Marini Group" azienda leader nella comunicazione integrata. Una clessidra riempita da una caotica matassa che trova la sua risoluzione in un gomitolo nella parte inferiore, questa l'immagine semplice e d'impatto che l'istituzione di tutela e autogoverno della professione ha scelto per supportare e rilanciare la figura dello psicologo. La campagna pubblicitaria che si affianca ad analoghe iniziative adottate da alcuni Consigli territoriali, prevede una serie di uscite sui maggiori quotidiani nazionali: Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore.

"In un momento di difficoltà per la nostra professione - spiega Giuseppe Luigi Palma, Presidente del Consiglio nazionale - abbiamo fatto ogni sforzo per reperire le risorse necessarie per realizzare questa iniziativa: unanime il Consiglio ha ritenuto doveroso mettere a disposizione dei colleghi uno strumento che potesse affiancare e supportare la quotidiana attività professionale".
Altrettanto forte e d'effetto risulta la firma finale - "Ordine degli Psicologi: parole che cambiano i fatti".

Palma ricorda poi che nel testo della campagna si è posto l'accento sulle diverse articolazioni della professione: "Gli psicologi lavorano per il benessere delle persone e delle organizzazioni. Per far sì che la scuola sia un luogo di crescita e maturazione, le aziende possano svilupparsi e i servizi siano più efficienti. Lavorano per rendere più efficaci le cure degli ospedali. Operano, quando messi in condizione di farlo, con i medici di base per offrire le migliori risposte ai bisogni dei pazienti. Concorrono ad orientare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone e delle comunità verso il benessere". In poche righe, le finalità e le mansioni della professione di psicologo escono per un attimo dal linguaggio istituzionale per comunicare con le varie utenze in maniera diretta, chiara e accessibile a tutti. 

Un messaggio che il nostro blog non può che raccogliere e far suo, orientati per come siamo alla diffusione della cultura del benessere psicologico per il cittadino e la comunità. Una boccata d'ossigeno per la nostra professione, troppo spesso dimenticata dalle istituzioni e il cui compito risulta frequentemente inibito da informazioni pressoché fuorvianti, notizie poco aderenti alla realtà e scarsa conoscenza sul ruolo dello psicologo nella società. 

"...Istituzioni più coraggiose che prestino più attenzione ai cittadini e al bene comune" - un richiamo alle responsabilità che il Presidente dell'Ordine tiene a sottolineare, unito a un invito reciproco all'opinione pubblica : "Provateci. Proviamoci. Contribuiamo al vostro benessere"

Passione e coraggio, quindi. La passione per il lavoro e per la ricerca dei circa 90.000 psicologi sparsi sul territorio nazionale, il coraggio di rompere gli schemi e forse "sbrogliare la matassa"...INSIEME!


EFFICACE-MENTE - Teorie e tecniche per migliorare il metodo di studio



Grazie alla collaborazione tra Associazione New DealÉquipe del Benessere Psicologico, prende il via il progetto "EFFICACE-MENTE"


Quattro incontri, finalizzati a migliorare le strategie di apprendimento e il rendimento degli studenti nel loro percorso universitario. Mercoledì 6 Novembre 2013 alle 17:30, il primo appuntamento. 

Tecniche di studio efficace, memorizzazione, gestione dell'ansia pre-esame, motivazione e autostima, questi i temi previsti dal programma del progetto, supportati da attività pratiche ed esercitazioni.



Il corso si inserisce in un percorso di supporto più ampio agli studenti dell'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria, del quale l'Associazione New Deal è una delle principali attrici, accogliendo dal 2008 giovani attivi sul territorio locale e nel contesto universitario, promuovendone le potenzialità e le inclinazioni, prediligendo una linea di apprendimento non-formale.


Assistenza agli studenti, diffusione della cultura europea con particolare attenzione alle politiche comunitarie soprattutto in ambito giovanile, promozione del dialogo internazionale e dell'inclusione sociale, questi alcuni dei cardini principali delle attività di New Deal che opera a livello locale, nazionale e internazionale attraverso campagne sociali, seminari, workshops, convegni di carattere scientifico e culturale, campagne di informazione, progetti di mobilità internazionale.





"EFFICACE-MENTE" rappresenta la seconda esperienza di collaborazione tra l'Associazione New Deal e gli psicologi dell'Équipe del Benessere Psicologico, dopo il successo dei "colloquia" su comunicazione, problem solving e decision making dello scorso aprile.






In quell'occasione gli incontri si tennero presso la sede di New Deal; il progetto EFFICACE-MENTE si svolgerà, invece, all'interno dei locali dell'Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria, presso l'Auletta Tesi della Facoltà di Architettura.

La realizzazione del corso sarà interamente auto-finanziata dagli studenti partecipanti attraverso un contributo simbolico di 5 €. L'iscrizione dovrà essere formalizzata al seguente link Iscrizione EFFICACE-MENTE
Al fine di garantire la qualità del corso stesso e l'efficacia delle esercitazioni è previsto un numero massimo di 25 iscritti per ogni incontro.


Evento Facebook

New Deal Volontariato


Blog del Benessere Psicologico Fan Page - Facebook


PSICANTRIA: IL CANTO DELLO PSICOMONDO CONTRO LO “STIGMA”

di Stefano Naim


Il disturbo mentale è una creatura subdola. Se sei una persona “normale” ( ma cos’è la normalità? ) hai libero accesso al mondo ed alle relazioni sociali; se hai una malattia “normale” ( per intenderci, quella del corpo, quella che davvero puoi “toccare con mano” ) sempre e comunque avrai  attenzione ed affetto attorno a te; ma se ad essere malata è la tua esistenza, se il disturbo non sta nel tuo fegato o nel tuo polmone ma affligge la tua mente, proprio ora che avrai bisogno del maggiore aiuto subirai le conseguenze più devastanti: non sarai un malato, e non sarai più nemmeno una persona, ma sarai solo un debole o un “folle” , uno inguaribile ed incurabile ( “la malattia si può curare, la pazzia no!” ), facilmente sarai pericoloso, di certo sei un essere inutile, da evitare se non da allontanare…
E’ questo lo  Stigma, l’impronta costante ( ed inaccettabile ) che il disturbo mentale porta con sé, il regalo che tu non hai mai chiesto, ma che fatalmente arriva e ti marchia come  “alieno dal mondo”, ti emargina dalla società “civile”, scava diabolicamente un solco sempre più profondo tra te ed il mondo ( un diavolo per davvero , dal greco “diaballein” = dividere ).
Combattere lo stigma è la missione di Gaspare Palmieri e Cristian Grassilli: psichiatra il primo, psicologo il secondo, ed entrambi psicoterapeuti, nel 2011 fondano “PSICANTRIA” , progetto che unisce la loro vena artistica ( cantautoriale ) con la volontà di narrare lo “psicomondo”, parlare cioè del disagio psichico, di come si sta nei panni di chi lo soffre, di come si possa provare, e a volte anche riuscire a vincerlo. Il compito è ambizioso: esporre con la musica tematiche complesse, e per di più tematiche che spesso sono ( più o meno consapevolmente ) osteggiate da chi non vi si trova a contatto, perché sentite difficili, scomode, comunque da tenere distanti da sé…
Ma il duo emiliano vuole proprio rompere le scatole! Vuole svegliare le coscienze, stimolare la curiosità ed accendere riflessioni, se serve anche incrinare certezze, con lo scopo di (ri)avvicinare il malato mentale alla società, di farlo conoscere, di farlo tornare “umano” agli occhi di tutti, anche di quelli che non sempre riescono a vederlo come tale.
La canzone è il cuore pulsante del progetto: con il suo potere di aggregare e di arrivare ovunque è lo strumento ideale per lanciare la loro battaglia gentile ; la magia con cui l’arte ( e in particolare la musica ) riesce a toccare le corde intime dell’animo umano rende il messaggio penetrante; la simpatia e bravura di Palmieri e Grassilli, quel pizzico di goliardia, la delicatezza con cui aprono le porte dello psicomondo, l’immediatezza con cui le canzoni lo tratteggiano rendono più alla portata, più coinvolgente, ma soprattutto ( è questo il loro maggior merito ) rendono il messaggio più leggero,d’un tratto accettabile per tutti, anche per chi in altre situazioni mai gli avrebbe prestato ascolto.
Musica e psicopatologia è un mix  particolare, coraggioso, ma dal grande potenziale. E il progetto “psicantrico” non è il primo a sposarlo. Già da anni, nella loro realtà clinica, i due “artisti della psiche” propongono l’ascolto di brani scelti come strumento terapeutico nell’ambito di gruppi di psicoterapia. Ma si può fare “musicoterapia” non solo ascoltando, ma anche producendo musica: è il fenomeno delle “psychiatric band”, veri e propri gruppi polistrumentali che nascono nelle cliniche, composti dai pazienti e dagli operatori della salute mentale ( nel 2009 a “Villa Igea” di Modena si formano i “Fermata Fornaci”, di cui Palmieri fa parte ) . Tutti assieme, senza distinzione, uniti dalla passione per chitarre, batterie e melodie,  come qualsiasi altro gruppo immersi nel “songwriting” ( stesura di suoni e testi ) , nelle prove, fino alle esibizioni in pubblico. Le psychiatric band sono ancora poco conosciute, ma esistono da anni, con tanto di annuale evento nazionale a raccoglierle. E i risultati terapeutici sembrano incoraggianti…




Ma Palmieri e Grassilli con la musica non vogliono solo curare i pazienti, vogliono restituire loro anche la dignità, il diritto alla vita..quella vera, non ghettizzata!! Da qui nasce la “Psicantria”. Non passa inosservata. Ad avvicinarsi anche stelle della musica italiana come Francesco Guccini, che firma l’introduzione di “Psicantria, manuale di Psicopatologia cantata”, il libro-cd con cui nel 2011 debutta il progetto: 13 canzoni scritte, cantate e suonate , chitarre alla mano, dal duo con l’accompagnamento di Lorenzo Mantovani (polistrumentista di professione e compagno di viaggio ) . Apre l’album l’omonima “ Psicantria “ , una sorta di intro in cui si spiega la differenza tra uno psichiatra, uno psicologo e uno psicoterapeuta, ma si ricorda anche come, al di là dei tecnicismi, quel che più conta è l’umanità verso il malato, chi soffre di un disturbo psichico, la cui umanità è viva e grande come non mai ( e, forse, anche per questo piu in difficoltà! ) . A seguire una serie di canzoni raccontano il disagio mentale: lo fanno parlando del vissuto, ora in modo più divertente e metaforico,  come ne “ Il cowboy bipolare” o in " Tarzan e border-Jane " , ora con la chiave della quotidianità:  " L’inno del malato immaginario " o " Funky fobico "; arrivando anche a momenti molto toccanti e tristi : " L’ultima ninna nanna " , comunque sempre al riparo dai dettagli tecnici del disturbo, per privilegiarne la dimensione esistenziale.



Uscito l’album seguono i concerti live : un tour a toccare scuole, università, associazioni, ospedali, teatri, ovunque il “verbo” psicantrico possa trovare terreno fertile. E’ questo forse il format più adatto all'opera, dove i suoi autori possono meglio coniugare vocazione artistica e possibilità di “parlare alla gente”, coinvolgendola nello spettacolo e costruendo con essa quel filo di empatia che è poi l’essenza del progetto.
Gaspare Palmieri e Cristian Grassilli non si fermeranno qui. L’idea era “folle”, la missione ostica, i riscontri sono stati positivi. Da qui la spinta ad andare avanti, a dare ancora più voce allo psicomondo, fino ad ampliarne i confini: a breve la “Psicantria” si arricchirà di nuovi episodi, che stavolta si allontaneranno dai disturbi più classici ( quelli della clinica ) per andare a toccare da vicino fenomeni della vita quotidiana, più o meno direttamente psicopatologici, che si stanno imponendo nella nostra società, come ad esempio il bullismo o le dipendenze dal mondo digitale.
Vincere lo stigma oggi è una delle sfide più difficili. Nel mondo moderno, i cui tempi e i cui modus vivendi restringono la strada di chi non vi si uniforma, gli spazi per chi viene giudicato “ non normale ” sembrano diventare sempre più angusti, inumani appunto, togliendo di fatto al malato mentale la possibilità stessa di esserlo! Ma non bisogna mai arrendersi… se non quelle del Signore, le vie della cultura possono essere infinite, e il canto lieve ma intrepido della Psicantria, il suo messaggio di amore e di coraggio, devono essere accolti, e anzi fatti risuonare a gran voce…


AUTOSTIMA E ... DINTORNI


Proprio perché il nostro blog è sul Benessere Psicologico, mi sembra essenziale approfondire una tematica cara a noi Psicologi, e a tutte le persone in generale, da cui potrebbero scaturire molti disagi, ansie e preoccupazioni. Parleremo di AUTOSTIMA. 


L’autostima è un costrutto generale, costante sia per gli uomini che per le donne ma  io mi riferirò particolarmente alle donne, in quanto  io stessa donna e spesso tempestata da mille dubbi  riguardanti la stima che ho di me (“…e ora sono qui che guardo, che mi guardo crescere la mia cellulite le mie nuove consapevolezze” cit. Noemi - Vuoto a perdere). Noi donne siamo costantemente bombardate dai media dalla figura di donne filiformi, senza alcun inestetismo della pelle, né con un filo di pancia, perfette e sicure di sé. Ogni giorno, ci troviamo a dover combattere con creme anti-età, lozioni per il corpo, creme anti-cellulite e chi più ne ha più ne metta. Utile è senz’altro la cura del proprio corpo ma creme o lozioni per la mente? Per l’anima? Ne conosciamo? Esistono in commercio?
Per cercare di rispondere a questi quesiti, è imprescindibile trattare l’argomento dell’Autostima, molto importante e dal quale si snodano una serie di processi, meccanismi e pensieri distorti che facilmente si innescano inserendosi in un circolo vizioso che difficilmente può essere interrotto. Frasi del tipo: oggi sono brutta, mi sento stupida, non ce la farò mai, non mi merito l’amore etc.; sono presenti spesso nel nostro linguaggio quotidiano e a chi di noi non è mai successo di riferire questi stati d’animo? Capita infatti regolarmente che sia noi stessi che un’amico/a ci riferisca di sentirsi proprio così.
Intanto cos’ è l’Autostima? O Stima di sé. È l’opinione che ognuno di noi ha di se stesso e cambia costantemente in base all’opinione che hanno di noi le persone per noi significative (da bambini: genitori o parenti; da adolescenti: il gruppo dei pari e gli insegnanti; da adulti: il partner, gli amici e i colleghi di lavoro). Essa si costruisce durante tutto l’arco della vita, e tende a rafforzarsi in età adolescenziale e da adulti. L’autostima può traballare quando ci si trova a dover fronteggiare  eventi ed esperienze che per esempio fanno sperimentare all’individuo insuccessi e fallimenti in vari ambiti della vita. Dunque la nostra autostima è considerato un vero e proprio processo, che filtra gli eventi esterni e attribuisce loro significati particolari. Ma tale processo non è unitario, le valutazioni date da noi stessi si riferiscono a più domini della nostra persona, dall’intelligenza alla bellezza, dalla competenza lavorativa o professionale, alla posizione sociale o al diritto di essere amati e rispettati.
Naturalmente c’è da evidenziare che nessuno di noi, neanche chi consideriamo perfetti e senza preoccupazioni, ha un’autostima completa e armoniosa in tutti gli ambiti su citati. Quindi consoliamoci su questo, è normale avere delle dissonanze nella propria autostima. Ad esempio potremmo affermare di avere un bel lavoro (che al giorno d’oggi è gia un’ottima conquista), stare bene in salute, essere intelligente ma non essere amati da nessuno. Avere una simile carenza, a volte può generalizzare la sensazione di inutilità e di inadeguatezza, sperimentando così una bassa autostima. (Giannantonio M., Boldorini A.L., 2005).
 Ecco come potrebbero aiutarci così dieci regole generali relative l’autostima (10 regole d’oro dell’autostima - Risorse gratuite per la crescita personale e il miglioramento - IoManager):

  1. Agisci come se fossi sicuro di non fallire
  2. Se l’hai fatto almeno una volta puoi farlo di nuovo 
  3. I tuoi standard di riferimento non sono gli altri, sei tu stesso, tu sei unico 
  4. Tu sei l’unico giudice di te stesso
  5. Fai leva sui tuoi punti di forza e anche sui tuoi punti deboli
  6. Per tendere alla perfezione devi saper convivere con i tuoi difetti
  7. Invece di cercare di predire il futuro agisci per far sì che il futuro sia quello desiderato
  8. L’autostima s’impara con la pratica
  9. Vivi sempre coerentemente con i tuoi valori, sviluppando i tuoi talenti naturali
  10. Aiutare gli altri alimenta il rispetto di te stesso.




Concludendo con una nota positiva, cosa c ‘è di meglio, soprattutto per noi donne, del dedicarsi la canzone di Barry White,You’re the First, the Last, My Everything. (Tu sei la prima, l'ultima, per me ogni cosa).

Spesso la canticchio di fronte lo specchio e mi da la carica giusta, soprattutto di prima mattina, e quando un evento potrebbe cambiare l’intera giornata, non mi butto giù e continuo a canticchiarla sottovoce.   
  
Buona autostima positiva a tutti.
Dott.ssa Carmela Gratteri

I 40 anni della "Sindrome di Stoccolma"

di Santo Cambareri


Era il 23 agosto del 1973 quando Jan-Erik Olsson e Clark Olofsson presero in ostaggio quattro donne durante una rapina in banca. 131 ore la durata del rapimento che mise sotto scacco le forze di polizia tenendo col fiato sospeso tutti gli svedesi che seguivano le vicissitudini di ostaggi e rapitori attraverso i media. Quello della rapina alla "Sveriges Kredit Bank" fu il primo caso in cui delle persone sequestrate furono sottoposte a un intervento psicologico. Nel corso delle sedute le donne rapite riferirono di nutrire sentimenti positivi nei confronti dei propri carcerieri (una delle caratteristiche principali della sindrome) che, a quanto detto, "avevano ridato loro la vita". La "Sindrome di Stoccolma" viene infatti definita come un processo psicologico inconscio che promuove relazioni inverosimili tra vittime di sequestro e rapitori e coinvolge sia gli ostaggi che i sequestratori.

La reciprocità, rappresenta il secondo aspetto distintivo della sindrome. Olsson (oggi 72enne) descrive così il suo rapporto con le donne in ostaggio "...Mi erano sempre più o meno vicine, praticamente mi proteggevano e così la polizia non poteva spararmi. Anche quando andavano in bagno, dove la polizia sarebbe potuta intervenire per salvarle, alla fine tornavano sempre". A completare il quadro della "Sindrome di Stoccolma" , il cui nome venne coniato dallo psicologo e criminologo Nils Bejerot, vi è inoltre l'avversione, da parte delle vittime di sequestro, nei confronti delle autorità. Nonostante si possa pensare che alla base di tale comportamento ci sia la scelta cosciente di "farsi amico il sequestratore" per preservare la propria incolumità, diverse ricerche hanno messo in luce come alla base di questo legame paradossale vi sia una reazione inconscia e automatica come se involontariamente prendesse corpo il concetto di un "NOI qui dentro contro un LORO che stanno fuori". A connotare la distanza da una scelta conscia e basata sull'interesse personale, contribuiscono anche i casi celebri come ad esempio quello di Giovanna Amati, rapita nel febbraio del '78 e invaghitasi di uno dei suoi carcerieri, Daniel Neto membro del "clan dei marsigliesi" o il caso di Patty Hearst, ricca ereditiera rapita dall'Esercito di Liberazione Simbionese al quale si unì dopo il periodo di prigionia cambiando il suo nome in Tania stesso pseudonimo usato da Haydé Tamara Bunke Bider, tedesca naturalizzata argentina che, col nome in codice di "Tania la Guerrigliera", prese parte alla rivoluzione cubana. In questo senso quindi non ci si può limitare a spiegare il fenomeno attraverso meccanismi coscienti, bisogna piuttosto ricercarne le cause nei meccanismi di adattamento all'ambiente.

 Come messo in luce dallo studioso di strategia militare, l'israeliano Azar Gat, nelle popolazioni preistoriche erano abbastanza frequenti rapimenti, violenze, stupri e omicidi, durante le battaglie per la conquista di un'altra tribù. In tali circostanze le donne sopravvissute avrebbero avuto minori probabilità di essere uccise e di vedere sterminata la propria prole, accettando di buon grado lo stato di assoggettamento. Il carattere fortemente adattivo (nell'accezione propria della selezione naturale) potrebbe quindi aver contribuito a rendere universale, all'interno della specie, il comportamento di capture-bonding (letteralmente: legame di cattura). In tal senso una parziale attivazione del comportamento capture-bonding potrebbe essere rintracciata nella formazione militare, nei fenomeni di "nonnismo" o ancora nelle pratiche sessuali come il sadismo/masochismo.

 Analizzando gli aspetti più prettamente psicologici, nel quadro della sindrome, sembrano attivarsi i meccanismi di difesa teorizzati dalla psicologia dinamica, attraverso i quali il nostro EGO tenta di fronteggiare le situazioni di stress o le idee insopportabili e dolorose. Nello specifico a farla da padrone sarebbero la "regressione" ovvero il ritorno a un livello di maturità inferiore e l'"identificazione" (in questo caso proprio con l'aggressore). Così il rapitore si trasforma in una sorta di "eroe positivo", unico punto di riferimento durante la prigionia. Inoltre, dal punto di vista del carceriere, gli ostaggi rappresentano l'unico strumento per far valere le proprie richieste (ne è quindi indispensabile la "cura") e sono al contempo l'unica fonte di difesa nei confronti dell'autorità. Prende corpo quindi un'empatia reciproca, rinforzata dal protrarsi delle indispensabili trattative e da eventuali fasi di stallo.

Se la paternità del nome è da attribuire a Bejerot (che per primo parlò di "Sindrome di Stoccolma" durante uno speciale tv dedicato all'avvenimento di cronaca) fu lo psichiatra americano Frank Ochberg, redattore del primo testo sul trattamento del Disturbo Post-traumatico da Stress, a studiare ed approfondire le fasi e le caratteristiche della sindrome. Dal punto di vista clinico, infatti, la Sindrome di Stoccolma rientra a pieno titolo nella famiglia dei disturbi post-traumatici da stress di cui l'incidenza maggiore è riscontrata nei casi di gravi eventi naturali, guerre, attentati terroristici. Come spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria, "I dati neurobiologici in nostro possesso rivelano un particolare coinvolgimento dell'amigdala, parte del cervello che gestisce le emozioni e soprattutto le reazioni di paura a cui si associa un meccanismo neurochimico di attivazione di specifici polipeptidi a livello dell'ipofisi, caratteristiche comuni a tutti i disordini post-traumatici da stress, inclusa la Sindrome di Stoccolma". Per quanto riguarda il percorso di recupero, Mencacci sottolinea che in fase preliminare appare necessaria la "messa in sicurezza della vittima" allontanandola dall'oggetto della sua ossessione, successivamente occorre "affrontare con trattamenti medici opportuni le prime manifestazioni del distacco: flashback, insonnia, altri sintomi fisici". In fase di riabilitazione si può ricorrere alla terapia cognitiva, integrata dalla tecnica EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) basata su un processo neurofisiologico naturale legato all'elaborazione accelerata dell'informazione.
Come spiegato sul sito dell'Associazione per l'EMDR in Italia, questa tecnica vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale e si basa sull'ipotesi che ci sia una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico. L'EMDR mira quindi a ristabilire l'equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l'elaborazione dell'informazione. I movimenti oculari saccadici e ritmici usati con l'immagine traumatica, con le convinzioni negative ad essa legate e con il disagio emotivo facilitano la rielaborazione dell'informazione fino alla risoluzione dei condizionamenti, quasi come uno "scongelamento" dalla forma ansiogena originale in cui è stata vissuta e immagazzinata l'informazione.

Uscendo per un attimo dal solco ben delineato della psicopatologia, ci sembra opportuno considerare gli aspetti socio-situazionali che caratterizzano sequestri o prese di ostaggi e in particolar modo le reazioni di empatia delle vittime nei confronti dell'aggressore.

 "Mi è stata data la scelta di essere rilasciata in una zona sicura o di unirmi all'Esercito di Liberazione Simbionese per la mia libertà e la libertà di tutti i popoli oppressi. Ho scelto di restare e lottare".

Sono queste le parole di Patty Hearst fatte recapitare alla famiglia della donna in un nastro registrato. Precedentemente, era stata evasa l'insolita richiesta di riscatto dei rapitori: 2 milioni di dollari da distribuire tra tutti i bisognosi che si trovavano nelle strade della California, era il programma "People of Need".

Parole emblematiche sono anche quelle pronunciate dal cantautore Fabrizio De Andrè, rapito insieme all'artista e compagna Dori Ghezzi il 27 agosto 1979

"Noi ne siamo venuti fuori mentre loro (rivolgendosi ai sequestratori) non potranno farlo mai".

Oltre a perdonare i suoi carcerieri, De Andrè trasformò in arte l'esperienza vissuta, dando vita a brani che mettevano in luce l'oppressione della gente sarda in un parallelismo con il popolo dei pellirossa.
Così il luogo di prigionia diventa, nei versi dell'autore, l'"Hotel Supramonte".

Allo stesso modo vagando tra sentimenti ed emozioni contrastanti, non può non saltare alla mente il film
John Q in cui Nick Cassavetes fa vestire a Denzel Washington i panni di un padre disperato che risponde al classismo del sistema sanitario statunitense ponendo in essere una presa d'ostaggi all'interno del pronto soccorso di un ospedale.

Parole, fatti e storie romanzate che mettono alla prova il giudizio morale, ma che fungono da trampolino per interessanti e dovute riflessioni sulle variabili di natura sistemico-sociale che interessano il fenomeno. "Sindrome di Stoccolma", manifestazione di empatia per delle giuste cause espresse nel modo più sbagliato possibile o entrambe le cose?
Presso la Farmacia Buggè di Taureana - Palmi (RC) è attivo il servizio gratuito di prevenzione e consulenza psicologica.
 Per informazioni contattare il 3271925003










A Copenhagen per un giorno: Il "Medicinsk Museion"

di Santo Cambareri



Voglia di vacanze?  Il caldo estivo è arrivato e vi ha colti impreparati? Fuggire in Danimarca potrebbe essere un’ idea! 

Tranquilli! Il nostro blog non si è di colpo trasformato in un sito di itinerari turistici. Abbiamo deciso però di trasferirci a Copenhagen per un giorno (almeno con la fantasia!)

Le immagini che vedrete sono state scattate circa un anno fa al Medicinsk Museion e giacevano nell'hard disk del mio pc con una certa insofferenza di essere condivise.
Quale idea migliore allora se non quella di proporre all'interno del nostro spazio dedicato al benessere psicologico e alla prevenzione, un articolo fotografico attraverso il quale farvi ammirare virtualmente pezzi di storia della psichiatria, della farmacologia e della medicina in generale.

Il Museo della Medicina di Copenhagen è ricerca, condivisione, sperimentazione… “Cultura della Medicina – ieri, oggi e domani”.

Nell'attesa di andarci di persona, godetevi questa fugace occhiata.   


Allestito all'interno della sede storica deIla Royal Academy of Surgeons, edificio risalente al 1787, progettato dall'architetto Peter Meyn e candidato a diventare patrimonio dell’UNESCO, il Medicinsk Museion è un’unità di ricerca della Facoltà di Scienze della Salute dell'Università di  Copenhagen e al tempo stesso un museo dedicato alla storia della salute e delle patologie in una prospettiva culturale. Al suo interno sono conservati strumenti e materiale iconografico di carattere storico,  riguardanti la biomedicina e la cultura della salute in Danimarca e nel mondo. La collezione è stata fondata a Copenhagen nel 1906 da un gruppo di medici e la prima mostra è stata inaugurata il 22 agosto del 1907 nell'ambito delle celebrazioni del  50 ° anniversario della Danish Medical Association. Ad oggi il museo contiene circa 250.000 manufatti, oltre a un vasto archivio di libri e documenti storici.

                                                                                 


 Gli albori della Neurochirurgia. Nella foto, accanto al cranio: un trapano, un trapano preoperatorio e una setola per polveri e frammenti ossei.  La trapanazione cranica è l'antenata della moderna neurochirurgia. Vari ritrovamenti ossei dimostrano che la pratica era diffusa fin dal Mesolitico (circa 12.000 anni prima di Cristo). Oscuri i motivi, ma diverse le ipotesi: religione, superstizione, scopo terapeutico; quel che è certo è che in alcuni casi i "pazienti" erano sopravvissuti alle trapanazioni. In epoca moderna abbiamo testimonianze di interventi di trapanazione cranica, documentati tra gli altri dal chirurgo e anatomista tedesco Lorenz Heister (1683-1758), ma bisognerà attendere la fine del XIX Secolo per avvicinarsi alla moderna neurochirurgia con lo sviluppo dei concetti di anestesia, antisepsi e asepsi.


Naturalmente all'interno del Medicinsk Mueseion non potevano mancare Ippocrate, PolibioGaleno e la Fisiologia Umorale. Un excursus storico, filosofico e scientifico tra organi in formalina e antichi farmaci.









Il disegno è di Lucy Lyons (assegnista di ricerca presso il “Museion”) e riproduce un cranio ritrovato in mezzo alle rovine di Æbelholt, monastero agostiniano della Nord Zelanda (Danimarca), fondato intorno al 1175. Il cranio sdentato, oltre a consegnare fedelmente le evidenze materiali della senilità, ci restituisce un’immagine artistica dell’invecchiamento. Una vecchiaia che, anche se accostata alla visione macabra del teschio, diventa, nell'intento della Lyons, arte e bellezza. Un teschio che non minaccia ma intenerisce, aprendo una riflessione introspettiva, nel fruitore dell’opera, sulla condizione dell’anziano. Il curriculum di Lucy Lyons si muove tra arte e scienza: fa parte della Medical Artists' Association, per 8 anni è tutor di arte, pittura e disegno scientifico alla City & Guilds of London ed è una professionista delle pratiche di disegno in medicina. Le sue ricerche hanno investigato il ruolo del disegno nella comprensione e comunicazione delle evidenze patologiche e fisiologiche. La sua ricerca di dottorato alla Sheffield Hallam University ha trattato nello specifico le tecniche del disegno scientifico applicato allo studio della Fibrodisplasia Ossificante Progressiva. 



Le "pillole" di Dana Wyse, artista canadese che vive e opera tra Vancouver e Parigi. "Jesus Had a Sister Productions" è il titolo dell'opera. Un work-in-progress  che con tagliente ironia spazia dai pregiudizi razziali al sesso, dalla spiritualità alla politica, passando per la morte, l'identità, i sogni, le aspirazioni e analizzando gli aspetti delle relazioni umane: fiducia, amore, piacere, potere, nell'ambito dell'affannosa quanto utopistica ricerca della perfezione. La "farmacia" della Wyse non ha bisogno di ulteriori commenti...












Franz Joseph Gall (1758-1828), gli strumenti di misura e la “Frenologia”. Gall in realtà non accettò mai il nome con il quale si diffuse questa teoria pseudoscientifica, fu piuttosto il suo discepolo e collaboratore Johann Gaspar Spurzheim (1776-1832) a divulgare la nuova dottrina con questo nome. Gall mirava al riconoscimento scientifico della teoria organologica  che vedeva il cervello suddiviso in organi distinti, ciascuno dei quali deputato a una precisa facoltà mentale. L’intento di Spurzheim era invece orientato alla divulgazione popolare delle nuove dottrine. Le divergenze di intenti, unite alle incomprensioni caratteriali, portarono i due a interrompere la loro amicizia e la loro collaborazione.  Così Spurzheim, continuando i suoi studi, arrivò a formulare compiutamente una disciplina che studiava la correlazione tra la forma e le dimensioni del cranio, la personalità e le facoltà mentali dell’individuo: era la “Frenologia” propriamente detta. 

Se la Frenologia è ormai relegata alla letteratura e alla cinematografia (per fortuna, aggiungiamo, considerata la deriva razzista della quale furono protagoniste diverse teorie ispirate ad essa!), stessa cosa non può dirsi per la pratica dell’elettroshock. La TECTerapia Elettro Convulsivante” è una tecnica terapeutica sviluppata in Italia negli anni ‘30 dai neurologi Ugo Cerletti e Lucio Bini. Gli impieghi terapeutici riguardano gravi forme di depressione (es.  complicazioni psicotiche, rallentamento psicomotorio), fasi maniacali del disturbo bipolare e forme non comuni di catatonia. Molto dibattuto il suo utilizzo, sia dal punto di vista dei rischi per la salute del paziente che dal punto di vista degli aspetti umani. Celebre la frase di Franco Basaglia , padre della Legge 180/78 che sancì la chiusura dei manicomi, “E’ come dare una botta a una radio rotta: una volta su dieci riprende a funzionare. Nove volte su dieci si ottengono danni peggiori. Ma anche in quella singola volta in cui la radio si aggiusta non sappiamo il perché”.
In Italia, la Circolare del 15 Febbraio 1999 stabilisce che si debba fare uso della TEC solo a seguito di ripetute terapie psicofarmacologiche. Il testo prevede inoltre il monitoraggio, la sorveglianza e le valutazioni delle azioni terapeutiche che si devono tradurre nel ricorso alla peer review (revisione paritaria adottata nell'ambito delle ricerche scientifiche) e ad una Commissione di medici esterni alla struttura specialistica dove venga effettuato il trattamento. La TEC “non costituisce un presidio terapeutico a se stante, ma deve necessariamente essere considerata all'interno di un programma terapeutico personalizzato, integrato con altri interventi”. 


Psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, studenti e ricercatori in materia avranno già colto il valore storico di quanto esposto in questa teca: “una WAIS” senza lettere o numeri romani che la succedano! La WAIS rappresenta il più noto strumento psicodiagnostico per valutare l’intelligenza in età adulta. Dalla prima pubblicazione nel 1955, a cura dello psicologo rumeno David Wechsler (1896 – 1981), si è passati alla validazione e standardizzazione della Wechsler Adult Intelligence Scale – Revised (WAIS-R, 1981), alla WAIS III (1997), fino all'odierna WAIS IV (2008). 

Caratterizzata da 11 subtest distribuiti su due scale principali (Scala Verbale e Scala di Performance), la “Wechsler” permette di valutare, tra gli altri, diversi processi psichici relativi al pensiero, alla memoria, all'esame di realtà ed alla capacità di progettazione. In alto a destra, nella foto, possiamo notare il materiale per somministrare uno dei quattro item riguardanti la Ricostruzione di figure: uno dei subtest della Scala di Performance. Il test trova la sua principale applicazione nella misura dell'eventuale deterioramento mentale negli adulti. La taratura italiana è disponibile solo per la WAIS e per la WAIS-R. Se nella WAIS le Prove di Performance seguivano quelle verbali, nella versione "Revised" l'ordine di presentazione dei subtest è alternato.  Esistono inoltre altre scale simili come la WPPSI (per i bambini in età prescolare) e la WISC (per i bambini in età scolare).

Il nostro giro "psico-turistico" si conclude qui. Speriamo vi sia piaciuto...
Se nel frattempo avete già acquistato i biglietti per la Danimarca, potrebbe tornarvi utile l'indirizzo del Medicinsk Museion - Bedgrade 62   1260 Kobenhavn, Danimarca-