
Insegnare, dunque, non è semplicemente trasmettere nozioni. In questo caso l’alunno più che protagonista sarebbe uno spettatore passivo, con l’unico compito di assorbire il più possibile quanto trasmesso dal professore, senza opportunità di intervento e tantomeno di autonomia. Del resto fu proprio questo il modello pedagogico maggiormente diffuso nei sistemi educativi occidentali, almeno fino al XX secolo, quando venne messo in crisi sia dalla massificazione dell’istruzione sia dalle scienze psicologiche -e le relative ricerche in campo cognitivo- che si andavano sviluppando.
L'apprendimento significativo

La dimensione relazionale
Se l'insegnamento è una traccia lasciata dall'insegnante e l'apprendimento è una scoperta autonoma dell'alunno, è altrettanto vero che queste due dimensioni possono incontrarsi soltanto sulla base di una sana relazione. Riferimento teorico di un'azione didattica così intesa, non può che essere la psicologia umanistica, corrente che annovera tra i suoi autori, personaggi quali Carl Rogers e Abraham Maslow. L'indirizzo umanista considera la relazione con il paziente, e nel caso specifico quella didattico-educativa con l'alunno, come un incontro tra persone; da cui scaturisce l'mportanza data all'empatia, all'ascolto, alla mancanza di pregiudizi. Un docente che consideri l'alunno non tanto come discente con l'unico, limitante, compito di dar prova delle nozioni apprese, quanto come individuo dotato di una propria personalità definita, vitale e positiva, esalta il legame umano della didattica stessa. La dimensione relazionale, in unione all'approccio non giudicante, è un altro cardine della teoria umanistica. Infatti la prospettiva umanistica considera la dimensione interpersonale della relazione un aspetto fondamentale sia nello sviluppo della personalità, che nella pratica educativa. In una relazione alunno-insegnante in cui al primo viene rimandata l’immagine positiva di una mente pensante che nonostante le difficoltà merita supporto perché capace di successo, l’alunno per primo si sente a suo agio: abbastanza sicuro per affrontare le paure date dalle novità e, automaticamente, certo nell’intraprendere la ricerca in maniera autonoma. In definitiva, si può dire che un valido insegnante non è il contenitore di concetti e nozioni ma un tramite di conoscenza diventando tale attraverso la relazione che crea con i suoi alunni.
Il "sistema classe"

Per una comunicazione positiva

Alla base di una buona relazione educativa è un elemento fondamentale: una comunicazione positiva.
Perché la comunicazione sia positiva, dunque si devono mantenere tre elementi fondamentali: l’empatia, l’accettazione non giudicante e la congruenza. Ancora una volta la psicologia umanistica viene in soccorso alla didattica: infatti, quanto sopra detto deriva dalla teoria di Carl Rogers. Il terapeuta statunitense è fondatore di un approccio terapeutico fortemente centrato sulla persona, tentando di comprendere quanto più possibile la globalità dell’individuo. Allora, se già la comunicazione è un atto complesso, tale complessità si amplificherà negli ambienti istituzionali, quali sono le scuole. Il docente che voglia creare un rapporto educativo efficace con i suoi alunni, deve anzitutto proporsi come soggetto empatico, non giudicante e congruente, ricordando sempre che tutta la responsabilità della buona comprensione del messaggio dipende dal suo ruolo, non tanto di docente, quanto di soggetto “dominante” della comunicazione. L’empatia, anzitutto, è un atteggiamento che consente di capire l’alunno, il suo stato d’animo, i suoi sentimenti, mettendosi nei suoi panni. Il professore che abbia un tensione empatica, che comprenda ciò che sentono i suoi alunni, é capace di renderli coscienti delle loro emozioni, agendo da “specchio emotivo”. Il risultato sarà una comunicazione aperta e autentica, in cui gli alunni sentiranno di potersi esprimere, semplicemente perché di fronte a loro c’è una persona che li capisce. Un docente che abbia una considerazione incondizionatamente positiva del discente, rimanda ai suoi alunni l’idea di accettarli per come sono. L’accettazione non giudicante parte dal presupposto che l’altro vada accettato anche se portatore di valori diversi dai propri, semplicemente perché persona e, in quanto tale, degna di rispetto. Gli alunni così avvertono di essere portatori di una individualità accettata.
La congruenza
Infine, la chiave di volta per creare dei rapporti autentici con l’altro, è la congruenza: quella capacità di affrontare le diverse sfaccettature della realtà con coerenza. L’unica via che ha un insegnante di mostrarsi congruente è essere apertamente se stesso: il suo modo di agire non potrà che essere il riflesso di quello che sente e pensa. Un insegnante che cerchi di essere impeccabile volendo dimostrare di esser sempre informato su tutto e non riuscendo a tollerare l’idea di non saper rispondere ad una domanda che lo colga impreparato, non è capace di ammettere le proprie debolezze e trasmette un'immagine falsata di sé. Contrariamente un insegnante che accetti con serenità le proprie debolezze e non si faccia problemi nel mostrarle agli altri, non solo dà di sé un’immagine autentica ma trasmette ai suoi alunni l’idea -sana- che si può essere accettati anche se non si è sempre perfetti, se non si sa qualcosa o se si sbaglia. Ponendo l’empatia, l’accettazione e la coerenza alla base del proprio agire educativo l’insegnante è in grado di creare un varco tra sé e gli alunni, per impostare al meglio la comunicazione e raggiungere così una relazione educativa gratificante per entrambe le parti.
Prof.ssa Stefania Chirico
Abilitata all'insengnamento di Filosofia e Storia
Si occupa di Didattica Inclusiva, strategie e metodi di intervento sulla disabilità in ambito scolastico
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