Se ti lascia lividi ricordati che non è il tuo tatuatore

25 Novembre: 
Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne



Nella convenzione di Istanbul, il Comitato dei Ministri definisce la violenza contro le donne come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne […] che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica comprese le minacce di compiere tali atti di coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia della vita pubblica, che nella vita privata”.

Negli ultimi anni, in Italia, più di 6 milioni di donne hanno subito violenza. 
Nei casi di femminicidio, in 2 casi su 3 l’assassino è il partner.

Chiariamo subito un concetto: se una donna subisce violenza, patisce un trauma. Tuttavia, il legame traumatico permette alla donna di sopravvivere nella relazione però, non percependo la pericolosità, le impedisce di trovare vie d’uscita. La maggior parte delle donne vittime di violenza cadono in una sorta di intorpidimento dei sensi. Il loro sentire corporeo è attraversato da dolore. Allora, la donna fa fatica a riappropriarsi del proprio corpo perché il malessere è più forte della voglia di reagire. Rimane incastrata in una foresta piena di pericoli senza che se ne accorga. Quando una donna nega o si distanzia dalla realtà di violenza utilizza un meccanismo psicologico definito dissociazione o strategia di dissonanza cognitiva. Quello che accade alla donna vittima di violenza sembra un’esperienza lontana dalle aspettative precedenti. Si sente impotente. La “speranza” è l’unico suo appiglio per risolvere il disagio. Si chiude in un luogo solitario della sua mente sperando possa, da sola, far tornare la serenità e la pace coniugale, sperando, appunto, che il suo uomo cambi.

Invece cosa dovrebbe fare una donna vittima di violenza?
Innanzitutto, deve cambiare la percezione della propria realtà.

Partendo dall’assunto che il circolo vizioso della violenza è difficile da debellare, alcuni compiti della donna che ne è vittima potrebbero essere i seguenti:
  • “Riflettere”. Cercare di comprendere se si sta subendo episodi di violenza cogliendo i segnali d’allarme (schiaffi, spinte, calci, pugni, atti sessuali imposti dal compagno, essere fortemente umiliata).
  • “Raccontare. Nei casi più gravi denunciare”. Se la donna vittima di violenza non sa a chi rivolgersi, deve sapere che ci sono figure professionali come lo Psicologo, Psicoterapeuta o addirittura dei centri anti-violenza che la aiuteranno a trovare la strada più giusta per uscirne attraverso dei percorsi individuali.
Come puoi fare a trovare un professionista? Puoi andare sul sito dell’Ordine degli Psicologi e potrai scegliere tra i nominativi dei professionisti iscritti all’Ordine pertanto autorizzati a svolgere l’attività di Psicologo e/o Psicoterapeuta.

  • “Ri – connettersi all’Amore”. Rimanere ancorata a una prospettiva confluente con il proprio compagno violento, significa provare malessere e confondere il valore dell’amore. La donna vittima di violenza fa fatica a evidenziare l’aspetto destrutturante dell’atto violento. Dunque, andare da un professionista le permetterà di farsi aiutare a comprendere quello che le sta accadendo attraverso un percorso individuale. Uscire dal circolo della violenza, potrà ri – connetterla all’Amore verso sé stessa.
Non sarà difficile seguire questi passi, perché la donna vittima di violenza deve sapere che non è sola. Le giornate di sensibilizzazione danno la possibilità di dare coraggio per reagire alla violenza. Pertanto, questo articolo è rivolto alle donne vittime di violenza con l’auspicio che, attraverso la lettura, possano trovare una spinta di coraggio per lottare contro la violenza.

Dott.ssa Chiara Caracò

Bibliografia:
   Che genere di violenza, Conoscere e affrontare la violenza contro le donne, MariaLuisa Bonura, 2018, Editore Erikson;
   Dire di No alla violenza domestica, Alessandra Pauncz, 2016, Editore Franco Angeli
   Intrappolata nelle sue parole, Chiara Caracò, 2017, Editore Kimerik

"Linguaggio e antropologia delle mafie": Reggio Calabria incontra il Prof. Girolamo Lo Verso


La ricerca, nel campo della psiche mafiosa, ha evidenziato che per la mafia siciliana (come risulta anche dagli  studi del prof. Lo Verso e dei suoi collaboratori)  comincia a delinearsi un quadro, anche se non del tutto chiaro e puntuale, sia nell’organizzazione attuale con tutte le connessioni ed espansioni che sull’origine, almeno comprensibile in alcuni aspetti di estrema importanza, la qual cosa consente di poter sperare in un futuro quadro chiarificatore.
Del tutto oscuri, invece, appaiono gli stessi aspetti in riferimento alla 'ndrangheta nelle sue dinamiche interne, su cosa sia effettivamente e perché appaia, vastamente e capillarmente organizzata e, apparentemente, inattaccabile.
Occasione di confronto su queste tematiche sarà l'incontro formativo di sabato 10 novembre 2018 (15:30 - 19:30) presso Palazzo Corrado Alvaro (ex Provincia di Reggio Calabria) organizzato dall'Associazione  Culturale Reggio Greca/Reghion, con il patrocinio della Città Metropolitana di Reggio Calabria, dell'Ordine degli Psicologi della Calabria e dell'Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria.



Oltre al prof. Girolamo Lo Verso, già Ordinario di Psicoterapia all'Università degli Studi di Palermo e autore di diverse pubblicazioni sullo psichismo mafioso, interverranno: il prof. Toni Giorgi - Docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il dott. Roberto Di Bella - Presidente del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria, lo psichiatra dott. Filippo Condemi, l'avvocato Antonino Borrello - Consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria e il giornalista Filippo Sorgonà; l'incontro sarà moderato dal dott. Paolo Praticò - psicologo e scrittore.
Un contributo alla conoscenza del fenomeno criminale 'ndranghetistico, risalendo alle origini, seguendone l'evoluzione e il consolidamento e domandandosi come sia possibile che piccoli paesi o borghi, possano rivelarsi "centro motore" di organizzazioni di rilevanza anche internazionale.
Scopo del convegno, cercare di fornire risposte a questi interrogativi, attraverso gli studi e le ricerche del prof. Lo Verso e di quanti come lui intendono contrastare questo fenomeno criminale, riconoscendo comportamenti e linguaggio che le organizzazioni mettono spesso in atto per occultarsi e mantenere i propri affari nell’ombra, ma anche portando alla luce gli aspetti “profondi” del pensiero mafioso, che spesso finiscono per intaccare anche la parte sana di una comunità. Consentire, quindi, alla società civile di arginare, oltre che il fenomeno, anche la mentalità mafiosa.

Red Blog del Benessere Psicologico 

Carcere e affetti: il romanzo collettivo "Malaspina" al Pisa Book Festival

 
"Malaspina" parla di carcere. Di vita in gabbia; di amori dietro le sbarre. 
Quello verso la famiglia che si lascia fuori; quello nei confronti del partner; ma soprattutto di amore per se stessi dopo aver fatto un errore (a volte più di uno) riconosciuto e punito dalla società. 

Da dove ripartire? Se lo chiedono i protagonisti che raccontano spesso in prima persona e che a volte sono parte della trama. Un romanzo scritto a dieci mani: otto detenuti, guidati da due insegnanti, si sono cimentati in un giallo tutto pisano con un forte sentimento di identità. Anche se, quando si è reclusi, si è sospesi. Difficile sentirsi parte di una città.

"Malaspina", titolo dai molti risvolti (ma la spina? o maledetta spina ma anche un richiamo a uno dei più famosi cognomi di famiglie italiane storiche e intricate) è il terzo libro realizzato durante il corso di scrittura tenuto da quattro anni all'interno della Casa Circondariale Don Bosco da Mds, che ha pubblicato il volume, e da Michele Bulzomì e Antonia Casini.

"In tutto questo tempo, abbiamo ascoltato tante storie, ci siamo commossi e arrabbiati. Alcuni dei nostri studenti hanno trovato la morte, qualcuno (per fortuna pochi, è tornato a delinquere) e c'è stato anche chi ha abbandonato tutto, anche le conquiste fatte, approfittando della libertà appena conquistata. Ma molti lottano per riacquistare un posto nel mondo. E anche se uno solo ci riesce per noi è un piccolo miracolo", commentano i due giornalisti. 

 "Il più delle volte ci ritroviamo, dopo il lavoro, a dover scaldare una pentola per poterci togliere da dosso quella puzza di fatica e di stanchezza che ogni sera ci portiamo dietro. Un tegame pieno d’acqua, intiepidito su un fornello comprato nel magazzino a nostra disposizione: le docce non funzionano e spesso sono talmente gelate da toglierci il fiato", uno dei passaggi del brano di Andrea. 

Due le introduzioni: dell'ex direttore del carcere pisano Fabio Prestopino (ora a Sollicciano) e dell'attuale, Francesco Ruello

La trama: tutto ha inizio da un articolo di giornale in cui si parla di una sparizione nella chiesa della Spina, sul lungarno. Un mistero che coinvolge e unisce chi è dentro (a volte non per molto) a chi è fuori (non per sempre).

Il romanzo collettivo Malaspina (che ha i patrocini di Comune, Camera penale e Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pisa) sarà presentato venerdì 9 novembre alle 15 nella sala Fermi al Pisa Book festival, Palacongressi, via Matteotti 1 a Pisa. Interverranno, oltre ai curatori Michele Bulzomì e Antonia Casini; i direttori Fabio Prestopino e Francesco Ruello; alcuni detenuti scrittori e l'assessore alla Politiche Sociali di Palazzo Gambacorti Gianna Gambaccini.

I diritti d'autore saranno devoluti a progetti di reinserimento dei detenuti nella società.


Red. Blog del Benessere Psicologico