LUDOPATIA: DAL TAVOLO DA GIOCO AL TAVOLO DELLA VITA!



Il gioco d’azzardo (dall’arabo "az-zahr" che significa “dadi”) è un fenomeno sociale in forte crescita e solo dopo gli anni ’50 in Italia inizia ad essere osservato da un punto di vista clinico come “possibile malattia” e non semplicemente un vizio, come si pensava fino ad allora. La storia del gioco d'azzardo è strettamente legata alla storia dell'uomo, tanto che le prime testimonianze di questa attività si riscontrano addirittura nel 3000-4000 a.C., infatti, Socrate e Platone giocavano a dadi. Tuttavia, è solo nel 1980 che l’Associazione degli Psichiatri Americani (APA) ha riconosciuto il gioco d’azzardo come una malattia mentale e l’ha inserito tra i disturbi degli impulsi.
Il gioco ha di per sé una funzione positiva, divertente e gratificante che permette al bambino di apprendere e all'adulto di staccare dal lavoro e dalla routine. Ma nel caso del gioco d’azzardo si può arrivare ad una perdita del controllo degli impulsi, ad un totale coinvolgimento nel gioco e nella ricerca del denaro e allo sviluppo di una vera e propria dipendenza, in quanto lo stato di euforia e di eccitazione del giocatore d’azzardo durante il gioco è paragonabile a quello prodotto dall'assunzione di droghe. In caso di impossibilità di accedere al gioco possono manifestarsi, nei giocatori, delle crisi di astinenza: ansia, sudorazione, nausea, vomito e tachicardia.
Il GDA coinvolge vari aspetti della persona, da quello cognitivo (prendere delle decisioni) a quello emotivo, come la speranza di vincere o la paura di perdere e il brivido del rischio.

Cause
È un fenomeno difficile da classificare perché è causato da diversi fattori ed è legale e legittimato nella nostra Nazione, per cui è difficile comprendere dove finisce il gioco “normale” ed inizia quello “patologico”.
Nella letteratura, sono stati individuati diversi fattori neurobiologici, caratteriali, ma anche familiari e sociali che concorrono nello sviluppo e mantenimento del disturbo.
Innanzitutto, i fattori cognitivi, che svolgono un ruolo decisivo sono: le false credenze, le superstizioni, il fenomeno dell’ottimismo irrealistico (un fenomeno che spinge le persone a credere che un evento molto raro abbia più probabilità di accadere a loro piuttosto che agli altri - Harris, 1995), l’attribuzione di causa agli eventi (locus of control), il decision making. Secondo la teoria cognitiva la causa principale che rende un giocatore sociale in un giocatore patologico è il desiderio di un guadagno economico, a questa motivazione si aggiunge la concezione erronea che il soggetto ha del caso. Entrambi i fattori sono supportati  dagli slogan del monopolio (ad es. “Vincere Facile” per i gratta e vinci). Il desiderio di “controllare l’incontrollabile” (la fortuna) è, secondo Sarchielli (1997), una delle cause che spingono il soggetto a giocare d’azzardo.

Uno studio di Wood e  Griffiths (2007) ha evidenziato i fattori emotivi dello sviluppo e mantenimento del disturbo e, per molti dei soggetti intervistati, il gioco rappresenta una via di fuga dalla realtà o da emozioni negative attraverso una modificazione dello stato di coscienza o dell’umore. È come se il giocatore riempisse un vuoto, il brivido del rischio lo fa sentire vivo.
I giocatori compulsivi provengono spesso da famiglie in cui i genitori sono stati alcolisti, giocatori a loro volta o hanno sofferto di problemi emotivi per cui sono stati incapaci di dare al figlio le cure adeguate e quella “sintonizzazione affettiva” importante per lo sviluppo di un’adeguata competenza e regolazione emotiva.

La personalità del giocatore
Personalità insicure, immature e con bassa autostima sarebbero più vulnerabili allo sviluppo del GAP, fondamentali sono anche la disponibilità di denaro e l’accettazione, da parte del gruppo sociale di appartenenza, del gioco. I giocatori sono alla continua ricerca di sensazioni forti e stimolanti (definita sensation seeking da Zuckerman 1983).
Da una ricerca fatta a Messina nel  2011 è emerso che i giocatori d’azzardo sarebbero superstiziosi, impulsivi e inguaribili ottimisti (Foti e Fabio, in via di pubblicazione).
Il gioco d’azzardo si manifesta attraverso la perdita del controllo dell’impulso. Essere impulsivi è una delle caratteristiche di personalità del giocatore d’azzardo che cerca la gratificazione immediata e non riesce a rimandarla nel tempo. In quest’ottica, è possibile constatare se ci sono deficit nella capacità di prendere decisioni.
Il decision making è un processo di ragionamento che porta a prendere una decisione escludendo alcune opzioni a favore di una che dovrebbe essere la più vantaggiosa per se stessi. Essere impulsivi, potrebbe derivare dall'incapacità dell’individuo di prendere decisioni. All'interno di questa procedura cognitiva esercita un ruolo importante il locus of control.
Il locus of control è quel costrutto psicologico che indica se un soggetto attribuisce le cause di un successo o un di fallimento a variabili interne e controllabili oppure a variabili esterne ed incontrollabili, come il fato o la fortuna.  In generale, il giocatore d'azzardo può attribuire il successo a fattori interni come l’ abilità e la bravura, e attribuire le perdite a fattori al di là del  loro controllo come la sfortuna (Gilovich, 1983; Griffiths, 1990).  Ma è stato riscontrato che i giocatori dipendenti che giocano con le slot machine (Carroll & Huxley, 1994) attribuiscono erroneamente le vittorie o le perdite alle proprie capacità (Griffiths, 1993; Ladouceur, 1995). Ciò va a minare molto l’autostima.
Il giocatore patologico è così assorbito dal gioco da impiegare molto del proprio tempo pensando alle scommesse fatte in passato e pianificando nuove scommesse e strategie per trovare il denaro. Incrementa  progressivamente l'ammontare delle scommesse, non riesce a sopportare le perdite, è sempre meno coinvolto nelle vita familiare. Tale atteggiamento li porta ad essere aggressivi e isolati rispetto il mondo esterno compromettendo e danneggiando così le loro relazioni personali, matrimoniali, familiari e lavorative. Quando le possibilità di ottenere prestiti sono esaurite, il soggetto può ricorrere a comportamenti antisociali, come il furto, per ottenere denaro. Inoltre, alcuni studi hanno mostrato correlazioni positive tra gioco d'azzardo e abuso di sostanze stupefacenti ed alcol tra gli adulti (Wallisch, 1993)

I vari tipi di giocatori
Il giocatore sociale è colui che scommette in modo occasionale o abituale, può interrompere il gioco quando desidera e fa maggiore affidamento sulla realtà piuttosto che al senso di onnipotenza, cosa che gli permette di capire quando è il momento di smettere. Si possono differenziare tre tipologie di giocatori sociali (Lavanco &Varveri, 2001) in base alla percezione che il soggetto ha del gioco come dominato più dall'abilità che dalla fortuna:
·  Il giocatore che crede di poter vincere perché confida esclusivamente sull’abilità nell’indovinare un pronostico.
·        Il giocatore che tende verso la componente aleatoria e si affida alla fortuna.
·        Il giocatore che cerca un equilibrio tra abilità e fortuna.
Per queste persone il gioco non interferisce nella routine quotidiana e rappresenta una ricerca momentanea di un’ esperienza appagante che differisce dal consueto modo di vivere. In base alla frequenza del gioco questa categoria è suddivisibile in giocatori abituali e quelli occasionali.  Rientrano nella categoria del giocatore sociale anche coloro che traggono dal gioco il loro sostentamento economico.
I giocatori problematici non riescono ad avere l’intero controllo sul gioco, quest’ultimo interferisce con la vita quotidiana e incomincia a danneggiarla. Le giocate diventano più frequenti e aumenta la quantità di denaro investita in tale attività. Il gioco d’azzardo al contrario, spinge a giocare continuamente e senza fermarsi fino a quando non si perde quello che si ha e si iniziano a fare grossi debiti.
Diverse fasi portano allo sviluppo del giocatore patologico. Raramente una persona diventa giocatore d’azzardo al primo incontro con il gioco, è un percorso insidioso e lungo. un individuo può praticare anni di gioco d’azzardo socialmente accettato per poi divenire un giocatore compulsivo in seguito a una particolare situazione o a un fattore  stressante.

Dalla fase vincente, che dura generalmente dai tre ai cinque anni, i giocatori vincono più spesso di quanto perdano. Queste vincite  rinforzano nel giocatore la convinzione di essere più abile degli altri. Questa situazione li porta ad investire sempre più tempo e più denaro nel gioco, e da questo momento in poi incominciano a perdere.
La fase perdente, dura mediamente oltre cinque anni. Il giocatore spende sempre più tempo e più denaro nel gioco. Quando incomincia a perdere, attribuisce la colpa ad un periodo di scarsa fortuna. Subentra in questa fase “l’inseguimento della perdita”: il giocatore torna spesso a giocare nel tentativo di recuperare il denaro perduto precedentemente, possibilmente tutto in una volta. A causa del pressante bisogno di denaro con cui giocare, il giocatore chiede  prestiti, ed incominciano le bugie che servono per continuare a mantenere l’immagine di giocatore fortunato.
In questa fase, la fase della disperazione, il giocatore ha totalmente perso il controllo. Ha bisogno di giocare per alleviare le pene, per lo più causate dal gioco stesso, e continua a giocare benché sappia che continuerà a perdere. Le menzogne sono anch’esse fuori del suo controllo: quando gli altri non credono alle sue bugie, diventa aggressivo e li accusa di essere la causa del suo problema. In questo periodo possono fare la loro comparsa attività illegali da parte del giocatore.
La fase della sofferenza è caratterizzata dalle conseguenze degli investimenti del giocatore che, spesso, si riversano sui suoi familiari (es. debiti con la banca o con gli strozzini, pignoramento della casa).

Il ruolo del coniuge non giocatore
Ovviamente, il giocatore continua nella sua attività, e le sofferenze patite dal coniuge si allargano, ma, a causa di un mal riposto senso dell’orgoglio, non vuole che parenti ed amici vengano a conoscenza della loro disperata situazione ed il suo intervento si limita a chiedere al coniuge di smettere di giocare. Subentra la paura di rispondere al telefono, nel timore che possa trattarsi di creditori o, peggio ancora, di parenti che richiedono la restituzione di un debito. La vita familiare precipita in una spirale di cui è impossibile vedere la fine; il coniuge non giocatore si convince con sempre maggiore frequenza che la colpa della situazione sia sua, sviluppando ansia e depressione. Da parte sua, il giocatore persiste nel suo comportamento, e riesce ancora a mostrarsi come una persona in possesso del totale controllo sulla sua attività di gioco. Ritiene che le bugie siano credute, ed aumenta l’intolleranza verso coloro che non soddisfano le sue attese. Esteriormente, incolpa tutti tranne se stesso per la situazione nella quale si trova. Internamente, invece, è in una situazione di estrema angoscia. Il suo desiderio di autopunirsi lo porta a pensare di farla finita: pensa spesso all’autodistruzione e molto più spesso di quanto si pensi arriva al suicidio.
La mancanza di informazioni sulla patologia,  uniti ad un senso di orgoglio, impediscono al coniuge di capire che deve reagire. Devono succedere episodi traumatici quali un arresto del giocatore o un tentativo di suicidio perché il coniuge dia un ultimatum al suo partner oppure lo abbandoni. La maggior parte dei giocatori (in particolare quelli di sesso maschile) accetta di intraprendere una terapia solo dopo avere ottenuto un ultimatum dal coniuge e dopo avere esaurito tutte le possibili fonti di denaro per giocare.
Quando il disagio, del giocatore e della famiglia, viene reso manifesto da un arresto o da un tentato suicidio scatta la fase critica. Il giocatore allora richiede aiuto.

Differenze di genere
In passato il gioco si è qualificato come un attività prevalentemente maschile; oggi, pur essendo prevalente la presenza di GDA uomini il numero di giocatrici è in aumento. Le cause sono molteplici: la crescente accettazione sociale, legittimazione e incentivazione al gioco, nonché nei cambiamenti dello stile di vita. Esistono però delle sostanziali differenza tra donne giocatrici e uomini. Le donne prediligono i giochi cosiddetti "di fuga", cioè video-poker, slot-machine, bingo (tombola), lotto e simili. Alla base di ciò, ci sono motivazioni diverse che le portano a giocare. L'andare a giocare permette loro di spezzare la monotonia quotidiana, evadere e divertirsi un po'. Ovviamente tutto ciò porta ad uno sviluppo diverso della malattia. La malattia compare prima, in poco tempo la donna giocatrice si ritrova sempre più spesso sola davanti alla sua macchina preferita, nel luogo dove si sente a suo agio.
La disperazione porta però le donne a cercare aiuto molto prima dei compagni uomini e benché abbiano un marcato senso di vergogna e di colpa e un coniuge che il più delle volte non è disposto a partecipare al programma di ricovero, hanno più probabilità di recupero. In una ricerca condotta dal National Research Council (1999) in Canada sono state individuate altre due importanti differenze. In primo luogo, la tipologia di gioco praticato degli uomini (scommesse, biliardo, dadi, golf, investimenti speculativi, giochi di carte, casinò), mentre le donne preferiscono il gioco del bingo. In secondo luogo, sono differenti anche le ragioni per cui un uomo o una donna iniziano a giocare. Le donne giocano per supportare una causa, per distrarsi dai problemi quotidiani, gli uomini giocano per il brivido e per la sfida. L’età in cui i soggetti iniziano a giocare differisce dal genere. I maschi, secondo una ricerca del New Zealand Gaming Survey (Abbott, 2001), iniziano a giocare dai 15 ai 29 anni. Le donne in maggiore età. Hraba and Lee (1996) afferma che la differenza tra i sessi dipende, per le donne,  dall’affiliazione alla religione, dal fatto di essere sposate e di essere bene integrate nella società. I giocatori d’azzardo uomo e donna hanno diverse caratteristiche in comune tra queste, l’abuso di sostanze e il suicidio.

Interventi
Aiutare il giocatore a superare quel meccanismo di difesa di cui ha fatto gran uso negli ultimi tempi: il diniego. Dal diniego nasce la sua distorta percezione della realtà che lo porta a ritenere che il problema da risolvere sia rappresentato dai debiti e non dal gioco. Bisogna quindi spostare il problema dalla crisi economica al comportamento e modificare le diverse distorsioni cognitive che ha instaurato negli anni. Successivamente è necessario far emergere in lui un sentimento di speranza che gli permetterà di trovare la voglia di riprogettare un futuro senza gioco. A questo proposito sono di grande aiuto i gruppi d'auto aiuto (Giocatori Anonimi). E' chiaro che entrare in trattamento significa smettere di giocare, non c’è però generalmente un abbandono drastico e definitivo. E' bene mettere in conto alcune ricadute, soprattutto all’inizio, che possono avere un risvolto positivo in quanto ripropongono l'impotenza di fronte al gioco, che l'eccessiva sicurezza aveva offuscato. Pian piano il giocatore ricostruisce la sua vita a partire dai rapporti con se stesso e con i propri familiari. I problemi finanziari appaiono risolvibili così come quelli in casa. Alla base di tutto ciò c'è il grosso lavoro tra lo psicoterapeuta e il giocatore che ha permesso a questo ultimo di prendere coscienza dei propri limiti, ma anche delle sue reali possibilità, di risalire attraverso il processo introspettivo ai propri bisogni, alle proprie debolezze, ai propri desideri, così da formare la coscienza critica che gli consentirà di fissare degli obiettivi a lungo termine raggiungibili. II giocatore impara inoltre ad organizzare il suo tempo in modo tale che il gioco non faccia parte della sua vita.

Dott.ssa Moira Casella