Si è svolto ieri (mercoledì 13 dicembre) presso l'Auditorium S. Maria degli Angeli di Porelli di Bagnara Calabra (RC) l'incontro di presentazione del progetto EMDS - Equipe Multidisciplinare per la presa in carico e la cura della persona affetta da Dolore Cronico e Disturbi da Sintomi Somatici.
L'equipe, promossa da Multiverso - Benessere Psicologico Relazionale e Sociale, coinvolge diversi professionisti, realtà associative e cliniche presenti sul territorio tra cui: Ecopoiesis, Equilibri Pedagogici, la nostra Equipe del Benessere Psicologico e l'Istituto di Yoga e Biomusica "La Nuova Era"
L'incontro, moderato dal Dott. Santo Cambareri (Presidente Associazione Multiverso), è stato aperto dagli interventi del Dott.Gennaro Falcone (Coordinatore dell'equipe EMDS) e della Dott.ssa Antonella Mento (Psicologa e Psicoterapeuta in formazione Sistemico-Relazionale) che si sono soffermati sugli aspetti diagnostici, clinici e relazionali che accompagnano la condizione di dolore cronico e i disturbi da sintomi somatici, sottolineando l'importanza del lavoro multidisciplinare e di un supporto globale che permetta di intervenire significativamente sulla qualità di vita della persona.
A seguire, l'intervento del Dott. Luca Cento (Psicologo e Psicoterapeuta di approccio Congitivo-Comportamentale) che ha relazionato in merito al Bio-Feedback (metodo di intervento di psicofisiologia applicata previsto tra i servizi dell'equipe EMDS) e sugli utilizzi della tecnica per il trattamento della fibromialgia, del dolore cronico associato a cefalea o sciatalgia, disturbi d'ansia e stress caratterizzato da alta reattività vegetativa (frequenza cardiaca e pressione arteriosa)
Sulla Sindrome Fibromialgica si è concentrato l'intervento del Dott. Luigi De Filippis (Reumatologo) che ha relazionato sugli aspetti diagnostici e farmacologici, soffermandosi sulla correlazione tra fibromialgia e disturbi dell'umore e sottolinenando l'importanza di un approccio integrato capace di superare l'inutile e dannosa diatriba sulla differenziazione netta tra aspetti somatici e psico-sociali.
A conclusione dell'incontro, gli interventi dell'area olistica dell'equipe EMDS, rappresentata da Mimmo Nasone (Responsabile Istituto Yoga e Biomusica "La Nuova Era") che, dopo aver coinvolto i presenti in un esercizio di respirazione e rilassamento, si è soffermato sull'efficacia delle pratiche meditative e delle tecniche di respirazione per intervenire significativamente sul benessere individuale e sociale e dal Dott. Giuseppe Cama (Medico Anestesista e Agopuntore) che ha sottolineato come le tecniche afferenti alla medicina tradizionale possano apportare un contributo significativo all'interno di un contesto terapeutico che ponga al centro la multidisciplinarietà.
L’equipe, coordinata dal Dott.Gennaro Falcone, muoverà i suoi primi passi presso la la struttura specialistica ambulatoriale LAM s.r.l. di Via Giovanni XXIII n.1 a Bagnara Calabra (RC) e a Reggio Calabria presso la sede dell'Associazione Multiverso - Via Palmara Gallico 2/a
A seguito dell’attività clinico-diagnostica svolta dal Medico di
Medicina Generale, il servizio si inserisce come secondo “step” di
assistenza per coloro che soffrono di patologie che comportano dolore
cronico. L'intervento dell'equipe EMDS partirà da uno screening valutativo globale (comprendente
aspetti medici e psicologici e avvalendosi di strumenti
psicodiagnostici), che consentirà di comprendere le dinamiche
psicologiche, relazionali, sociali del sintomo e di accompagnare il
paziente in un percorso di cura mirato a rispettare gli aspetti fisici del proprio dolore e quelli psicologici.
Red. Blog del Benessere Psicologico
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Proposta di legge sui BES: Multiverso scrive all'Ordine degli Psicologi
Cosa sono i Bisogni Educativi Speciali (BES)?
I BES fanno riferimento alla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“ . La Direttiva stessa ne precisa brevemente il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”
L’area dei Bisogni Educativi Speciali, conosciuta in Europa come Special Educational Needs, comprende tre grandi sottocategorie:
- Disabilità
- Disturbi Evolutivi Specifici
- Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale
Cosa viene proposto in Regione Calabria?
Tra gli obiettivi della Proposta di Legge Regionale n. 150/10 vi sono:
-
L’inserimento della figura del Pedagogista Clinico (ANPEC), in collaborazione con i dirigenti scolastici, nella preparazione di griglie di osservazione e nella formazione dei docenti, nonché nella pianificazione dei piani di studio personalizzati per i discenti con BES nella fase successiva alla diagnosi
- La creazione di una RETE BES costituita dagli organi competenti di Regione, Provincia, ambiti territoriali scolastici provinciali e regionale, servizi UONPIA (Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza), istituzioni scolastiche, ANPEC Regione Calabria (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici Regione Calabria, ANDIS Calabria (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici Calabria) e Centri Territoriali di Supporto (CTS) Calabria.
La presenza di una proposta di legge così strutturata ha suscitato tra i soci di Multiverso, i colleghi psicologi (calabresi e non), le altre professionalità e gli altri cittadini che hanno a cuore il lavoro di rete in merito ai BES, non poche perplessità che sono state riassunte in una lettera inviata al Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Calabria e al Presidente del CNOP Consiglio Nazionale Ordine Psicologi al fine di conoscere il parere degli organi di autogoverno della professione in merito al carattere della suddetta proposta di legge che appare
- escludente nei confronti degli psicologi e di altre professioni diverse dal pedagogista clinico
- foriera di confusione in merito alle competenze degli addetti ai lavori
- fortemente limitante nei confronti delle competenze della professione psicologo
Ecco
il nostro appello ai Presidenti del CNOP e dell’Ordine degli Psicologi
Calabria che abbiamo inviato per conoscenza anche alle associazioni
nazionali di categoria degli psicologi.
La suddetta proposta di legge regionale “…detta norme in materia di interventi educativi e inclusione scolastica dei soggetti con Bisogni Educativi Speciali volte a creare un’importante sinergia tra la Regione, le istituzioni scolastiche e sanitarie, pubbliche e private, le agenzie educative presenti sul territorio e le famiglie”. Persegue inoltre le seguenti finalità:
- “individuazione e somministrazione di checklist su impianto ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, negli istituti scolastici a partire dalla scuola dell’infanzia e promozione della conoscenza dello strumento ICF;
- creazione, presso il dipartimento regionale competente, di una banca dati dei soggetti con BES presenti sul territorio regionale, senza oneri aggiuntivi per la finanza regionale;
- formazione dei docenti per la stesura del Piano didattico personalizzato (PDP) su impianto ICF;
- attività di sensibilizzazione e formazione dei docenti;
- attività di sensibilizzazione e informazione dei genitori;
- creazione di una rete di intervento sui BES;
- inserimento della figura del pedagogista clinico (ANPEC), in collaborazione con i dirigenti scolastici, nella preparazione di griglie di osservazione e nella formazione dei docenti, nonché nella pianificazione dei piani di studio personalizzati per i discenti con BES nella fase successiva alla diagnosi;
- individuazione di risorse per gli studenti con BES;
- inserimento della figura dell’assistente socio-educativo fin dalla scuola dell’infanzia, che possa essere da supporto agli alunni con BES;
- sinergia tra istituzioni scolastiche e servizi di Unità operative di neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza (UONPIA) della Regione Calabria;
- estensione anche alle scuole paritarie di ogni ordine e grado di tutti gli strumenti per l’inclusione previsti dalla presente legge.
Un ruolo esclusivo per una sola figura…il Pedagogista Clinico?
La proposta di legge in questione, pur inserendo all’interno delle proprie finalità un richiamo alla sinergia tra la Regione, le istituzioni scolastiche e sanitarie, pubbliche e private, le agenzie educative presenti sul territorio e le famiglie, individua nel Pedagogista Clinico ANPEC Regione Calabria, la professionalità di riferimento nella preparazione di griglie di osservazione e nella formazione dei docenti, nella pianificazione di piani di studio personalizzati per gli studenti con B.E.S. nella fase successiva alla diagnosi e in collaborazione con i dirigenti scolastici, investendo, a nostro avviso, la suddetta figura di un ruolo esclusivo all’interno della costituenda rete per i Bisogni Educativi Speciali a scapito di altre figure specialistiche tra l’altro normate da Albi Professionali.
Sovrapposizione di competenze?
Le mansioni che la proposta di legge in questione riserva al Pedagogista Clinico ANPEC Regione Calabria tendono a sovrapporsi con le funzioni che lo psicologo già riveste all’interno del contesto scolastico in merito alla fase successiva alle diagnosi di: Disturbi Specifici dell’Apprendimento, deficit del linguaggio, deficit delle abilità non verbali, deficit della coordinazione motoria, ADHD o di tutte le patologie che attengono all’area della disabilità e quindi nel supporto alla stesura di interventi individualizzati che prevedano strumenti compensativi e/o norme dispensative idonee al funzionamento e alle risorse dell’alunno con Bisogni Educativi Speciali.
Che ne è delle altre professionalità?
Per ciò che concerne il supporto alla comunità scolastica nell’individuazione dei Bisogni Educativi Speciali (in assenza o meno di diagnosi) la proposta di legge in questione assegna al Pedagogista Clinico ANPEC Regione Calabria un ruolo determinante nella preparazione di griglie di osservazione. A questo proposito premettiamo che la figura del pedagogista, pur non godendo di una disciplina compiuta della propria professionalità e non essendo ancora normata da alcun albo professionale istituito per legge, è da considerarsi tra le figure di riferimento nell’ambito dell’educazione come studioso e specialista dei processi educativi e formativi. Allo stesso tempo non possiamo però non considerare che la legge che disciplina la professione dello psicologo (Legge n. 56 del 18 febbraio 1989) definisce quest’ultima come comprendente “l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” Si evince quindi che gli strumenti conoscitivi in possesso dello psicologo, oltre che funzionali alla diagnosi e all’abilitazione-riabilitazione, godono di una loro adeguata collocazione anche nell’ambito della prevenzione e del sostegno da quello individuale a quello rivolto agli organismi sociali. Per questi motivi non si comprende perché la Proposta di Legge Regionale n.150/10 conferisca al solo Pedagogista Clinico ANPEC Regione Calabria un ruolo determinante nella collaborazione con le istituzioni scolastiche come contributo specialistico in merito alla preparazione di griglie di osservazione per l’individuazione di aree relative ai B.E.S. “tagliando fuori” di fatto, non solo gli psicologi, ma anche coloro che sono in possesso di una laurea quadriennale in Pedagogia o in Scienze dell’Educazione o di laurea specialistica/magistrale nelle classi previste da Scienze dell’Educazione e hanno acquisito strumenti funzionali alla progettazione educativa pur non essendo iscritti all’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici Regione Calabria.
Lo Psicologo non si occupa anche del funzionamento individuale, relazionale e sociale, oltre che degli aspetti diagnostici?
La Proposta di Legge Regionale n. 150/10 inserisce tra le proprie finalità: “l’individuazione e somministrazione di checklist su impianto ICF negli istituti scolastici a partire dalla scuola dell’infanzia, la conoscenza ICF – International Classification of Functioning, Disability and Health (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute per Bambini e Adolescenti – Organizzazione Mondiale della Sanità 2007) e la formazione ai docenti per stesura PDP (Piano Didattico Personalizzato) su impianto ICF.”
All’Art. 3 comma 4 la citata proposta di legge fa riferimento alla Direttiva Ministeriale 27/12/2012 che “fa presente che l’identificazione degli alunni con BES non avviene esclusivamente sulla base dell’eventuale certificazione, ma suggerisce di fare riferimento al modello diagnostico ICF per individuare i Bisogni Educativi Speciali degli alunni”.
Inoltre la suddetta proposta, dedica l’intero Art.4 alla classificazione ICF come strumento per docenti specificando quanto segue:
- La presente legge richiama l’attenzione sul modello ICF come strumento a disposizione del docente che deve attuare interventi pedagogico-didattici su soggetti con BES.
- La struttura e le categorie di riferimento, le descrizioni, i criteri di inclusione ed esclusione e i qualificatori fanno riferimento alla fascia di età che va dalla nascita ai 18 anni e sono complementari all’ICD-10 e ad altre classificazioni derivate.
- In ogni istituto scolastico, ai sensi e nei limiti di cui all’articolo 6, sono predisposti idonei facilitatori (ausili, tecnologie, ma anche un diverso metodo di insegnamento, strategie didattiche personalizzate, scelte organizzative che favoriscano l’integrazione) e sono rimosse le barriere esistenti (non solo architettoniche ma anche culturali), in modo che ogni alunno potenzialmente disabile possa riuscire ad ottenere buoni risultati in termini di apprendimento e di partecipazione sociale.
- Ai fini di una corretta conoscenza e applicazione del modello ICF quale strumento operativo da parte dei docenti per il funzionamento educativo e apprenditivo di alunni con BES, si rende necessaria, ai sensi dell’articolo 8, la formazione obbligatoria dei docenti per un numero complessivo di trenta ore, da espletare in un arco di tempo di nove mesi a partire da settembre e non oltre giugno dell’anno scolastico di riferimento.
L’ICD-10 rappresenta la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati e per ciò che concerne la Sezione V – Patologie Mentali e del Comportamento (al cui interno sono compresi i disturbi psichici e comportamentali di natura organica, dovuti all’uso di sostanze psicoattive, affettivi, nevrotici, legati a disfunzioni fisiologiche, disturbi della personalità, dello sviluppo psicologico e comportamentali, schizofrenia, vari ritardi mentali e disturbi dell’apprendimento), rappresenta uno degli strumenti d’elezione per chi si occupa di psicodiagnosi.
Pur tenendo ben presenti i dovuti distinguo tra aspetti riguardanti il funzionamento della persona all’interno del proprio ambiente e aspetti psicopatologici, nell’avere a che fare con le aree della disabilità e dei disturbi evolutivi specifici, appare però necessario considerare sia l’uno che l’altro aspetto. La stessa OMS infatti raccomanda l’uso congiunto di ICD-10 e ICF.
In conclusione inserire all’interno di una costituenda “Rete BES” un’unica figura specialistica deputata alla collaborazione con i dirigenti scolastici nella preparazione di griglie di osservazione, nella formazione dei docenti e nella preparazione di piani didattici individualizzati, risulta a nostro avviso limitante, ma soprattutto escludente nei confronti della figura professionale dello psicologo che nell’ambito della sua formazione ha acquisito validi strumenti non solo in merito alle dinamiche psicopatologiche ma anche per ciò che concerne il funzionamento individuale, relazionale e sociale della persona, strumenti, questi ultimi, che oltre ad abilitarlo alla stesura di diagnosi e certificazioni, gli consentono un approccio globale alla prevenzione del disagio.
Che ne è del lavoro sui “DSA E GLI ALTRI BES”?
Una proposta di legge regionale che mira a istituire una “Rete BES” all’interno della quale inserisce, come unica figura di riferimento di natura consulenziale e di supporto ai dirigenti scolastici, il Pedagogista Clinico ANPEC Regione Calabria, ci appare in controtendenza rispetto alla mirabile opera portata avanti dal Gruppo di Lavoro Nazionale istituito dal CNOP per la stesura del manuale dal titolo “I DSA E GLI ALTRI BES – Indicazioni per la pratica professionale” che ha rappresentato tra l’altro un efficace esempio di collaborazione multiprofessionale tra psicologi con competenze nel settore specifico provenienti da varie regioni italiane, occupati nel settore pubblico o nel privato, una Dirigente scolastica già membro del direttivo nazionale AID e un Dirigente del Ministero dell’Istruzione.
Nella presentazione dello stesso documento il Presidente del CNOP tiene a sottolineare quanto segue: “Si tratta di un testo, completo nei contenuti, di facile ed immediata consultazione da parte di tutti gli operatori interessati, in particolar modo psicologi. Dinanzi a problematiche infantili che a volte sfuggono ai genitori perché, non alterando in alcun modo la capacità relazionale ed affettiva dei bambini, non emergono subito alla loro attenzione, bisogna intervenire con impegno, competenza, alta professionalità ed immediatezza. Ma non si può e non si deve dare una risposta meramente tecnica, meccanica, apparentemente risolutiva. Non si tratta semplicemente di riassemblare meccanismi cognitivi che si sono disallineati. Ogni bambino, ogni alunno, ogni cittadino deve poter immaginare, sognare e progettare il proprio percorso di vita grazie al rapporto fiduciario che instaura con se stesso e col mondo intero. La capacità di leggere, di scrivere, di far di conto, di utilizzare un linguaggio ed un vocabolario appropriati sono strumenti sempre più necessari non solo per rendere efficace ed efficiente la rete delle comunicazioni personali ed interpersonali, ma anche per rinforzare ogni giorno l’immagine di sé stessi. <<La fiducia in se stessi non assicura il successo, ma la mancanza di fiducia origina sicuramente il fallimento>> (A. Bandura, 1997). Queste brevi considerazioni sono alla base di una visione professionale che deve vedere sempre il bambino, l’utente, al centro di ogni azione educativa, senza mai perdere il quadro d’insieme e senza mirare ad obiettivi parziali. Riteniamo per l’appunto che lo psicologo sia il professionista che possiede questa visione d’insieme proprio perché è acuto osservatore, e valutatore, della personalità dell’utente. La mera diagnosi infatti, pur nelle corrette soluzioni applicative che vengono proposte, non potrà mai essere risolutiva del problema, con il rischio di facilitare in alcuni casi, nei genitori e negli insegnanti, la spinta verso deleghe improduttive”.
Ciò premesso, la proposta di legge in questione, non ci sembra affatto andare nella direzione di considerare lo psicologo come il professionista che possiede una visione d’insieme. Temiamo piuttosto che la nostra professione venga confinata al solo lavoro di diagnosi e certificazione (nei limiti delle proprie competenze e degli incarichi che essa riveste nel pubblico e nel privato), sacrificando al contempo il “lavoro di rete” che potrebbe essere attivato con le istituzioni scolastiche.
Come si concilia tutto questo con il DDL sullo Psicologo Scolastico?
Ultima riflessione che desideriamo sottoporre alla Vostra attenzione, riguarda il DDL 2338 “Istituzione della figura professionale di psicologo scolastico” in discussione in Senato e che prevede per la nostra professione le seguenti funzioni:
a) informazione agli studenti su temi riguardanti lo sviluppo dell’età evolutiva;
b) sostegno alla costruzione della personalità degli studenti e allo sviluppo delle competenze di vita;
c)supporto al benessere dello studente e degli operatori della scuola, come ambiente di apprendimento responsabilizzante e motivante;
d) prevenzione dai fattori di rischio e dalle situazioni di disagio quali: il cyberbullismo e i bisogni educativi speciali (BES);
e) supporto e formazione ai docenti e alla comunità scolastica nella gestione di situazioni di disagio;
f) consulenza e informazione rivolta ai docenti e al personale nelle varie fasi di sviluppo dell’età evolutiva;
g) consulenza psicologica rivolta alle famiglie per il supporto alla genitorialità;
h) interazione, ove opportuno, con figure genitoriali, professionali che intervengano, ad altro titolo, nell’ambito della scuola per il sostegno per la disabilità e per gli handicap
La Proposta di Legge Regionale N. 150/10 in Regione Calabria, per i motivi su esposti, non ci sembra affatto camminare di pari passo con il DDL in discussione al Senato che tende ad assegnare allo psicologo funzioni di prevenzione anche in merito ai BES. Riteniamo inoltre che l’eventuale approvazione di entrambe le leggi, creerebbe non poche difficoltà nella gestione di una possibile confusione di competenze.
In conclusione
Facciamo appello all’Ordine degli Psicologi della Regione Calabria e al CNOP in quanto organi di autogoverno della professione psicologo, a livello nazionale e regionale, affinché vengano fornite delle risposte e delle chiarificazioni in merito alle riflessioni riportate in questa lettera e possa essere espressa pubblicamente una posizione in merito alla Proposta di Legge Regionale N.150/10 (Regione Calabria).
Auspichiamo che qualora le argomentazioni fin qui esposte vengano condivise e approvate (del tutto o in parte) sia avviata un’azione di confronto con le Istituzioni Regionali della Calabria al fine di porre le osservazioni che riterrete opportune.
Nel caso di occasioni di confronto o osservazioni da porre alla Regione Calabria, rimaniamo a disposizione per offrire il nostro contributo.
Inviamo per conoscenza la presente lettera alle associazioni nazionali di categoria degli psicologi.
Rendiamo noto che abbiamo predisposto la possibilità di sottoscrivere il presente appello anche on-line tramite i seguenti siti web: www.centromultiverso.it e www.psibenessere.blogspot.it
Con i più cordiali saluti i sottoscrittori dell’iniziativa
Ad oggi i sottoscrittori sono 250
Eccone alcuni
Psicologi iscritti all'Ordine della Calabria: Santo
Cambareri, Luca Cento, Antonella Mento, Daniela Tripodi, Maria A.
Crea, Paola Raso, Manuela Reverso, Rossella Maria Milano, Annamaria
Aurora Nicolò, Francesca Praticò, Tiziana Gagliardi, Daniela Emo, Paola
Pazzano, Domenico Foti, Annalisa Giordano, Claudia Torrito, Paola
Morena, Gaetano Mangiola, Vincenza Pecora, Tiziana Chiofalo, Valentina
Stranges, Francesca Falvo, Anna Bellantoni, Maria Antonietta Saggese,
Angelica Muratore, Teresa Tucci, Marinella Colucci, Marianna Iorfida,
Giovanni Curcio, Isabella Ripepi, Valeria D'Arrigo, Maria Flavia
Barbara, Alessandra Zito, Valentina Cartisano, Ilaria Zaffina, Alessia
Tomaselli, Santa Crea, Francesca Adornato, Paolo Mandolillo, Denise
Borzumati, Chiara Labate, Aldo Gabriele, Carmen Mirenda, Felice Pietro
Barreca, Maria Concetta De Masi, Roberta Rinaldi, Domenica Ascone,
Annalisa Mazzeo, Natalia Altomari, Rosaria Melissi, Annalisa Oliverio,
Antonia Colella, Francesca Basile, Giuseppe Fulginiti, Alberto Polito,
Mariasole Giordano, Carla Lo Giudice, Concetta Esposito, Manuela
Morabito, Caterina Maria Opinato, Valentina Bova, Paola Maio, Maria A.
Genovese, Gaia Malara, Gianni Mattei, Rosanna Micalizzi, Brigida Simona
Morabito, Vanessa Versace, Maria Martino, Massimo Aiello, Claudia
Franchina, Maria Rita Trifirò, Mariateresa Marra, Alessandra Pepè, Stefania Marchese
Psicologi iscritti ad altri Ordini Regionali: Daniela
Astone, Tindara Pintaudi, Roberta Orlando, Domenica Dauccio, Caterina
Pace, Moira Casella, Chiara Caracò, Ivana Cutugno, Carmela Gratteri,
Chiara M. Forlese, Andrea Malpasso, Roberta Mazzaglia, Rossana Otera,
Antonella Corsello, Serena Pedi, Simona Massimino, Concetta Coccellato,
Sergio Rinella, Vincenza Zarcone, Francesca Picone, Paola Miano, Silvana
La Porta, Lidia Taibi, Carla Manganaro, Loredana Migliaccio, Serena
Currò, Melania Brundu, Angelida Ullo, Mariagrazia Maggio, Francesca
Gnoffo, Liviana Sciacca, Mariagrazia Rosano, Stefania Manganaro,
Caterina Donato, Laura Gembillo, Caterina Carbone, Sabrina Liotta,
Barbara Cortimiglia, Laura Di Pietro, Dominique La Spada, Marta Angela
Santa Rigano, Tindara Caprì, Maria Elena Gugliandolo, Rita Di Pietro,
Maria Esposito, Ylenia Rossitto, Tecla Foti, Maria Ferrigno, Antonella
Angelini, Valeria Vadalà, Grazia Oppedisano, Caterina Diano, Monica
Giuffrida, Carmelo Panebianco, Rosalia Calapai, Nadia Valenziano,
Alessia Monteforte, Floriana Murabito, Lidia Manganaro, Paola
Siracusano, Laura Privitera. Carmela De Domenico, Giovanna Ilardo,
Giovanna Sberna, Tiziana Cambria, Paolo Sidoti Olivo, Enrica Vinci,
Alessia Sgroi, Maria Teresa Vecchio, Jessica Scala, Enrica Valle, Chiara
Fruscione, Flavia Coffari, Viviana Raccuglia, Giuseppina Floriana Filì,
Giuseppe Currieri, Paola Alessi, Nadia Rita Maria Porsio, Desirée
Latella, Serena Provazza, Barbara Garufi, Alessia Nestori, Alessandra
Paladino, Stefania Albano, Calogera Calà, Francesca Giannone, Francesco
Arcidiacono, Alessandra D'Agostino, Nadia Barberis, Marzia Marra, Ilaria
Parrella, Noemi Vetrano, Erika Smeriglio, Cinzia Scalera, Claudia
Bruno, Angela Salvo, Angela Foti, Viviana Ainis, Salvatore Gentile,
Eugenia Genna, Deborah Bontempo, Melinda Giorgianni, Pietronilla Nicita
Dottori in Psicologia: Vito
Di Gregorio (Dott. in Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione),
Emanuela Zanghì, Giuseppina Pasqua, Erika Salonia, Antonia Siclari,
Eliana Misiti, Giada Femminò, Francesca Barresi
Dottori in Scienze e Tecniche Psicologiche: Alessandra Lo Ricco, Maria Chiara Scagliola, Maria De Gaetano
Pedagogisti: Manuela Magnano, Lidia Praticò, Giovanna Mandarino
Docenti: Claudia
Neri, Giulia Basile, Carmen Costantino, Manuela Labate, Caterina Romeo,
Caterina Fassari, Maria Carmela Mendolia, Simona Zarcone, Annalisa
Mandarino, Mirella Muscari, Valeria Pintaudi, Natalino Scafidi
Genitori: Maria Grazia Vitale, Matilde Grioli, Astrid Vallero (Dott.ssa in Linguistica Clinica)
Medici: Gennaro
Falcone (Medico Chirurgo), Giovanna Campolo (Neuropsichiatra
Infantile), Domenico Torre (Medico Chirurgo), Sabrina Saccà (Medico
Chirurgo), Sergio Lupoi (Psichiatra), Elena Cozzupoli (Neuropsichiatra
Infantile), Stefano Naim (Medico Chirurgo)
Studenti di Psicologia: Cinzia Palomba, Luana Messina, Daniela Sturiale, Claudio Pugliese Carchedi
Sottoscrivi anche tu il nostro appello
Anteprima assoluta dell'album "Di Centomila son rimasto solo Uno" (in uscita il 25 novembre)
Fin dal titolo, passando per la musica e lungo ogni parola del testo, il brano ha l'intento forte e complesso di scuotere le coscienze attraverso l'utilizzo della voce dell'assassino, del mostro.
Il pezzo restituisce il disegno fedele di una figura devastata da una colpa atroce, ma tutt'ora ancorata ad un "vocabolario emotivo" di natura patologica e possessiva.
All'ascolto, se da un lato appare impossibile entrare in empatia con l'assassino, dall'altro arriva dirompente la comprensione di uno stato di condanna perenne, di "pena di morte in vita" riservata a chi ha inesorabilmente macchiato la parola "amore" col sangue.
Il grido di dolore, inevitabilmente inascoltato, diventa monito per agire sulle coscienze dormienti (o su quelle ancora in formazione) per sottolineare la colpevole sottovalutazione dei tanti (troppi!) campanelli d'allarme che i fatti di cronaca e le statistiche ci restituiscono oggigiorno, ma soprattutto per innescare un cambiamento culturale che, per essere pienamente realizzato, non può limitarsi alla condivisione del messaggio di condanna alla violenza di genere, ma necessita di una presa di coscienza profonda che ci renda artefici del cambiamento stesso, partendo dai gesti semplici, dai comportamenti e dagli esempi messi in campo nel quotidiano.
L'autore sarà lieto di rispondere alle domande dei lettori (in questo caso anche ascoltatori!) all'interno della sezione commenti.
"Di Centomila son rimasto solo Uno" è un album interamente autoprodotto.
Per contribuire ai prossimi progetti musicali si può partecipare alla campagna di crowdfunding attiva su kickstarter.com
Ospitando l'anteprima di "Due anime gemelle" di Andrea Irto diamo un piccolo contributo per ribadire il nostro MAI PIU' alle violenze e al femminicidio!
Abbi memoria di chi dimentica. Curare chi soffre di demenza e sostenere chi cura.
Il Committee Geriatrics del Royal College of Psysicians britannico nel 1892 definisce la demenza come una compromissione globale delle funzioni corticali o nervose superiori, compresa la memoria, la capacità di svolgere attività percettive e motorie acquisite in precedenza, il mantenere un comportamento sociale adeguato e un buon controllo delle reazioni emotive, in assenza di compromissioni dello stato di vigilanza. Nel DSM V, la demenza e il disturbo amnesico sono stati inseriti nei disturbi neurocognitivi. La parola "demenza" viene usata per indicare varie malattie neurodegenerative cronico - evolutive. Le demenze colpiscono soggetti di età avanzata, ma oggi sempre più spesso possono insorgere gravi forme degenerative intorno i 50 anni.
Uno dei sintomi più comuni della demenza è la perdita di memoria, il disorientamento, il cambio di umore e soprattutto il cambiamento nella vita quotidiana, che spesso riportano i propri cari. Cosa fare quando viene diagnosticata una demenza? Far fronte alla cura di una persona che non sarà più com'era prima incide sui vissuti emotivi del caregiver.
E chi è il caregiver? È colui che si prende cura della persona che soffre. Di solito, un componente del nucleo familiare che crea una forte relazione diadica. È Importante focalizzare l'attenzione sul caregiver, perché può attraversare diversi periodi: dalla negazione, ovvero negare che il proprio familiare abbia la demenza, al disorientamento, ai sentimenti di colpa, di frustrazione e persino la credenza di non fare abbastanza. Spesso, ci si sofferma solo su chi soffre ma si sa che supportare chi ha una demenza è un arduo compito. Non è mai semplice capire chi soffre, anche se è qualcuno che fa parte della famiglia. La sofferenza può far perdere le energie anche al caregiver.
Come intervenire? Innanzitutto, ponendosi una prima domanda: "Qual è il percorso da seguire per l'assistenza?" Questo include:
• Conoscere la malattia. Come? Informarsi sul decorso del disturbo neurocognitivo.
• Capire quale strategie mettere in atto. Ad esempio, come gestire l'aggressività, l'agitazione motoria, i deliri di chi soffre di demenza? Come mettere in sicurezza l'ambiente domestico? Perché le modificazione visuo - percettive cambiano ed è importante saper organizzare anche l'ambiente in cui vive. Come aiutarlo a mantenere l'autonomia?
• Informarsi dell'esistenza nel territorio di servizi assistenziali (Centri diurni, RSA, servizi di assistenza domiciliare). Pertanto, cosa si può fare per seguire un percorso di assistenza? Una prima risposta è richiedere una consulenza a un professionista. Uno dei professionisti che potrà aiutarvi nel percorso di assistenza è lo psicologo che sarà in grado di creare un piano neuropsicologico di sostegno adatto alla situazione e indirizzerà verso la strada più giusta da seguire.
Abbi memoria di chi dimentica ma non dimenticare che chi cura ha bisogno di essere supportato.
Dott.ssa Chiara Caracò
Bibliografia:
• Il trattamento psicologico delle demenze, Franco De Felice, 2002, Ed. Franco Angeli
• Le demenze: mente, persona e società. A cura di Antonio Monteleone, Antonio Filiberti, Patrizia Zeppegno, 2013, Ed. Maggioli
• Qualità di cura e qualità di vita della persona con demenza. Dalla misurazione all'intervento. Silvia Faggian, Erika Borella e Giorgio Pavan, 2013, Ed. Franco Angeli
Uno dei sintomi più comuni della demenza è la perdita di memoria, il disorientamento, il cambio di umore e soprattutto il cambiamento nella vita quotidiana, che spesso riportano i propri cari. Cosa fare quando viene diagnosticata una demenza? Far fronte alla cura di una persona che non sarà più com'era prima incide sui vissuti emotivi del caregiver.
E chi è il caregiver? È colui che si prende cura della persona che soffre. Di solito, un componente del nucleo familiare che crea una forte relazione diadica. È Importante focalizzare l'attenzione sul caregiver, perché può attraversare diversi periodi: dalla negazione, ovvero negare che il proprio familiare abbia la demenza, al disorientamento, ai sentimenti di colpa, di frustrazione e persino la credenza di non fare abbastanza. Spesso, ci si sofferma solo su chi soffre ma si sa che supportare chi ha una demenza è un arduo compito. Non è mai semplice capire chi soffre, anche se è qualcuno che fa parte della famiglia. La sofferenza può far perdere le energie anche al caregiver.
Come intervenire? Innanzitutto, ponendosi una prima domanda: "Qual è il percorso da seguire per l'assistenza?" Questo include:
• Conoscere la malattia. Come? Informarsi sul decorso del disturbo neurocognitivo.
• Capire quale strategie mettere in atto. Ad esempio, come gestire l'aggressività, l'agitazione motoria, i deliri di chi soffre di demenza? Come mettere in sicurezza l'ambiente domestico? Perché le modificazione visuo - percettive cambiano ed è importante saper organizzare anche l'ambiente in cui vive. Come aiutarlo a mantenere l'autonomia?
• Informarsi dell'esistenza nel territorio di servizi assistenziali (Centri diurni, RSA, servizi di assistenza domiciliare). Pertanto, cosa si può fare per seguire un percorso di assistenza? Una prima risposta è richiedere una consulenza a un professionista. Uno dei professionisti che potrà aiutarvi nel percorso di assistenza è lo psicologo che sarà in grado di creare un piano neuropsicologico di sostegno adatto alla situazione e indirizzerà verso la strada più giusta da seguire.
Abbi memoria di chi dimentica ma non dimenticare che chi cura ha bisogno di essere supportato.
Dott.ssa Chiara Caracò
Bibliografia:
• Il trattamento psicologico delle demenze, Franco De Felice, 2002, Ed. Franco Angeli
• Le demenze: mente, persona e società. A cura di Antonio Monteleone, Antonio Filiberti, Patrizia Zeppegno, 2013, Ed. Maggioli
• Qualità di cura e qualità di vita della persona con demenza. Dalla misurazione all'intervento. Silvia Faggian, Erika Borella e Giorgio Pavan, 2013, Ed. Franco Angeli
A volte derubati, a volte ladri dei desideri altrui, ma ora lasciamo che il Ragioniere riposi in pace...
Se n'è andato Paolo Villaggio, ma con lui non va via il suo personaggio più conosciuto, rimane nella nostra mente, nelle nostre riflessioni, addirittura nella nostra lingua, soprattutto nei nostri cuori e fin qui nulla di male; quello che mi sconvolge però, è che, anche adesso, al Rag. Ugo Fantozzi "matricolamilleunobarrabis", non sia consentito riposare in pace.
Immenso Paolo Villaggio, altrettanto immenso il personaggio Fantozzi; troppo grandi insomma per non solleticare la curiosità del giornalista, dell'opinionista, dell'intervistatore che si chiede e chiede ai nostri politici "Cosa avrebbe votato Fantozzi oggi?" Superficiale e troppo scontata, a mio avviso, la risposta dei più. Qualche esempio? "Avrebbe votato per il potente di turno" (Toti) o ancora "Di sicuro non avrebbe votato per noi" (Grillo).
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Qualcosa non torna. Il ragionier Ugo non esce di casa per ascoltare le diverse posizioni degli esponenti di partito, non dimostra (almeno inizialmente) disaffezione alla politica, non si ferma a un monolitico credo o a un'ideologia incrollabile, ma è aperto (forse troppo) ai programmi proposti, non vota seguendo le indicazioni del megapresidente di turno, si aggrappa con tutte le sue forze al voto, studiando come se dovesse sostenere un esame, ne fa una questione di vita o di morte, non può permettersi di sbagliare, non si può permettere di rimanere deluso (o fottuto fate voi) anche stavolta; entra addirittura in uno stato allucinatorio, più vero di qualsiasi stato di piena coscienza, in cui la classe politica si rivolge direttamente, anzi personalmente, all'elettore, mantenendo la propria identità, ma abbandonando al contempo il politichese, svelando interessi e affezione al potere più che ai diritti dei cittadini. E così, al culmine di un'indigestione da tribuna politica, Fantozzi, il giorno del voto, non può far altro che abbandonarsi finalmente a quel bisogno, fisiologico e soprattutto liberatorio, leggermente diverso dal votare per il ducetto di turno!
Eppure di ducetti attorno a sè Fantozzi ne aveva a bizzeffe.
Mi torna in mente la famosa scena della Corazzata Potemkin (Kotiomnkin in fantozziano) e tutto quello che prima dello sfogo del nostro Ragionier Ugo, nel film, caratterizzava quella sera.
La "frittatona di cipolle e la familiare di Peroni gelata" che restano lì sul tavolino, assieme a quel mitologico match Inghilterra-Italia, purtroppo non goduto, per soddisfare i bisogni del capoufficio, l'intellettuoloide del caso, che costringe i suoi dipendenti a rinunciare a una passione, sostituendola con un film cecoslovacco (ma con sottotitoli in tedesco) sostituendo i bisogni altrui con i propri.
Mi torna in mente la famosa scena della Corazzata Potemkin (Kotiomnkin in fantozziano) e tutto quello che prima dello sfogo del nostro Ragionier Ugo, nel film, caratterizzava quella sera.
La "frittatona di cipolle e la familiare di Peroni gelata" che restano lì sul tavolino, assieme a quel mitologico match Inghilterra-Italia, purtroppo non goduto, per soddisfare i bisogni del capoufficio, l'intellettuoloide del caso, che costringe i suoi dipendenti a rinunciare a una passione, sostituendola con un film cecoslovacco (ma con sottotitoli in tedesco) sostituendo i bisogni altrui con i propri.
Mi tornano in mente tutti i capoufficio di Fantozzi con le loro passioni per il ciclismo, per l'atletica leggera, per il biliardo e chi più ne ha più ne metta, tutti pronti a sostituire ai bisogni altrui, i propri, più o meno consapevolmente...
E oggi? Direi che oggi a essere "crocifissi in sala mensa" siamo in molti.
Dalla politica al marketing (che purtroppo ad oggi sembrano due ambiti troppo vicini, quasi assimilabili), tutti a dirci di cosa abbiamo bisogno, tutti ad affannarsi a ripetere: "Gli italiani vogliono sentire parlare di questo o di quello...agli italiani interessa questo e non quello".
Tutti a sapere cosa vogliono i cittadini, cosa chiede la gente, tutti con la verità in tasca. Ma la verità di chi?
Dalla politica al marketing (che purtroppo ad oggi sembrano due ambiti troppo vicini, quasi assimilabili), tutti a dirci di cosa abbiamo bisogno, tutti ad affannarsi a ripetere: "Gli italiani vogliono sentire parlare di questo o di quello...agli italiani interessa questo e non quello".
Tutti a sapere cosa vogliono i cittadini, cosa chiede la gente, tutti con la verità in tasca. Ma la verità di chi?
Scriveva William James: "Se fosse realizzabile non ci sarebbe pena più diabolica di quella di concedere a un individuo la libertà assoluta dei suoi atti in una società in cui nessuno si accorga mai di lui" . Una rappresentazione iperbolica della realtà, che fa cogliere al volo il corollario patologico che può agire soprattutto sul II assioma della comunicazione umana "Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è "metacamunicazione".
Nella comunicazione infatti noi non offriamo solo il contenuto (serie di dati informativi) ma definiamo anche il tipo di relazione che intendiamo istituire con il nostro interlocutore, relazione all'interno della quale questi stessi dati trovano la loro giusta collocazione e possono venir correttamente intesi. Questa comunicazione sulla comunicazione è detta metacomunicazione ed è rilevante nell'efficacia degli scambi.
Come spiega il saggista Paolo Borsoni (1989) riprendendo G. Bateson, R. Laing e P. Watzlawick, i messaggi che un soggetto esprime per autodefinirsi possono essere accolti in modi variegati dall'interlocutore e dagli interlocutori.
Alla complessa sequenza comunicativa che esprime il concetto “Ecco chi sono e come mi vedo” si può rispondere con una conferma, che rafforza la stabilità psicologica di chi ha espresso quel giudizio su se stesso. E il desiderio di venire confermati è un fatto essenziale nella vita di ogni essere umano.
La conferma può avvenire mediante un sorriso (comunicazione visuale), una stretta di mano (comunicazione tattile), una manifestazione di simpatia (comunicazione verbale); il punto essenziale è che essa costituisce una risposta rilevante nei confronti dell’azione che l’ha determinata, essa cioè riconosce l’atto iniziale che l’ha provocata. Il soggetto che pone in essere la risposta si colloca sulla stessa linea, sullo stesso piano, in sintonia con il soggetto che ha compiuto l’azione e la definizione di sé.
Un'altra modalità di risposta, in pragmatica della comunicazione, prevede invece la negazione o rifiuto, è il caso specifico in cui alla sequenza comunicativa con cui un individuo esprime il concetto “Ecco chi sono. Ecco come mi vedo” l'interlocutore contrappone una visione diversa, che può negare qualche aspetto della definizione proposta o addirittura criticare in toto quella definizione contrapponendone un’altra.
E fin qui rimaniamo nell'ambito della comunicazione funzionale, ma cosa succede quando la comunicazione diventa patologica?
Una terza categoria, che sostanzia una comunicazione disfunzionale, è caratterizzata dalla disconferma.
Con la disconferma si esprime qualcosa di molto più sottile e profondo di una semplice negazione o di una definizione diversa. Questo tipo di comunicazione non prende in considerazione direttamente la definizione data dall’altro, non parla cioè della verità o della discutibilità di certe parti della comunicazione dell’altro, piuttosto nega in sostanza l’altro. Mentre una replica esplicita “Hai torto” se non altro è chiara e apre in teoria un confronto su fatti concreti, la disconferma esprime implicitamente il messaggio: “Tu non esisti come entità autonoma, indipendente, capace di formulare giudizi su te stesso e su qualsiasi altro”. In sostanza: "Tu non hai significato".
Alla complessa sequenza comunicativa che esprime il concetto “Ecco chi sono e come mi vedo” si può rispondere con una conferma, che rafforza la stabilità psicologica di chi ha espresso quel giudizio su se stesso. E il desiderio di venire confermati è un fatto essenziale nella vita di ogni essere umano.
La conferma può avvenire mediante un sorriso (comunicazione visuale), una stretta di mano (comunicazione tattile), una manifestazione di simpatia (comunicazione verbale); il punto essenziale è che essa costituisce una risposta rilevante nei confronti dell’azione che l’ha determinata, essa cioè riconosce l’atto iniziale che l’ha provocata. Il soggetto che pone in essere la risposta si colloca sulla stessa linea, sullo stesso piano, in sintonia con il soggetto che ha compiuto l’azione e la definizione di sé.
Un'altra modalità di risposta, in pragmatica della comunicazione, prevede invece la negazione o rifiuto, è il caso specifico in cui alla sequenza comunicativa con cui un individuo esprime il concetto “Ecco chi sono. Ecco come mi vedo” l'interlocutore contrappone una visione diversa, che può negare qualche aspetto della definizione proposta o addirittura criticare in toto quella definizione contrapponendone un’altra.
E fin qui rimaniamo nell'ambito della comunicazione funzionale, ma cosa succede quando la comunicazione diventa patologica?
Una terza categoria, che sostanzia una comunicazione disfunzionale, è caratterizzata dalla disconferma.
Con la disconferma si esprime qualcosa di molto più sottile e profondo di una semplice negazione o di una definizione diversa. Questo tipo di comunicazione non prende in considerazione direttamente la definizione data dall’altro, non parla cioè della verità o della discutibilità di certe parti della comunicazione dell’altro, piuttosto nega in sostanza l’altro. Mentre una replica esplicita “Hai torto” se non altro è chiara e apre in teoria un confronto su fatti concreti, la disconferma esprime implicitamente il messaggio: “Tu non esisti come entità autonoma, indipendente, capace di formulare giudizi su te stesso e su qualsiasi altro”. In sostanza: "Tu non hai significato".
Bisogna considerare però che, come la conferma totale di un individuo da parte di un altro individuo, rappresenta una possibilità ideale, così il fenomeno della disconferma ha raramente caratteristiche pure, presentandosi di solito con caratteristiche leggermente diverse da quelle previste dalla sua formulazione teorica.
"Si può ritenere che le azioni individuali e le varie fasi dell'interazione , abbiano sempre, in misura maggiore o minore, secondo differenti modalità, carattere confirmatorio o disconfirmatorio. Il problema è dunque di intensità e estensione; di qualità e quantità." (Laing R., 1961)
In effetti, come sottolineano C. Loriedo e A. Picardi (2000) una disconferma ontologica, che preveda la totale negazione dell'esistenza stessa del mittente da parte del ricevente e corrispondente al messaggio "Tu non esisti" è piuttosto rara.
In effetti in letteratura il concetto di disconferma, ha assunto un'accezione più ampia che prevede tutti gli scambi comunicativi in cui il ricevente, pur non negando l'esistenza fisica del mittente, trascura completamente come questi agisca, quali emozioni provi, quali capacità fisiche o intellettuali possieda, che senso dia alla propria situazione. L'ampliamento del concetto di disconferma presenta notevoli punti di contatto con il concetto di mistificazione teorizzato da Laing (1965) ovvero l'attribuzione all'interlocutore di desideri, bisogni, stati d'animo che in realtà non ha mai espresso.
A voi non succede mai? Ne siete proprio sicuri? E che dire di tutte le volte che ci propinano uno spot con il prodotto "migliore" per le "nostre" esigenze o di tutte le volte che anzichè domandare all'amico, al partner, al familiare come si sente, preferiamo definirne noi i sentimenti, elaborando giudizi perentori sul percepito altrui che, se reiterati, finiscono per offuscare e sostituire i bisogni del nostro interlocutore con i nostri bisogni...
"Si può ritenere che le azioni individuali e le varie fasi dell'interazione , abbiano sempre, in misura maggiore o minore, secondo differenti modalità, carattere confirmatorio o disconfirmatorio. Il problema è dunque di intensità e estensione; di qualità e quantità." (Laing R., 1961)
In effetti, come sottolineano C. Loriedo e A. Picardi (2000) una disconferma ontologica, che preveda la totale negazione dell'esistenza stessa del mittente da parte del ricevente e corrispondente al messaggio "Tu non esisti" è piuttosto rara.
In effetti in letteratura il concetto di disconferma, ha assunto un'accezione più ampia che prevede tutti gli scambi comunicativi in cui il ricevente, pur non negando l'esistenza fisica del mittente, trascura completamente come questi agisca, quali emozioni provi, quali capacità fisiche o intellettuali possieda, che senso dia alla propria situazione. L'ampliamento del concetto di disconferma presenta notevoli punti di contatto con il concetto di mistificazione teorizzato da Laing (1965) ovvero l'attribuzione all'interlocutore di desideri, bisogni, stati d'animo che in realtà non ha mai espresso.
A voi non succede mai? Ne siete proprio sicuri? E che dire di tutte le volte che ci propinano uno spot con il prodotto "migliore" per le "nostre" esigenze o di tutte le volte che anzichè domandare all'amico, al partner, al familiare come si sente, preferiamo definirne noi i sentimenti, elaborando giudizi perentori sul percepito altrui che, se reiterati, finiscono per offuscare e sostituire i bisogni del nostro interlocutore con i nostri bisogni...
Ok forse siamo immersi in un'epoca più fantozziana di quanto pensiamo.
Stiamo lì a farci mettere in testa bisogni non nostri e mettere in testa agli altri esigenze che in realtà sono solo nostre, a volte Fantozzi a volte Duca Conte Gran Figl. Di Putt. ecc. ecc., a seconda dei casi.
D'altronde disconferma e mistificazione sono parte della comunicazione umana e come la gran parte dei comportamenti umani è importante che vengano riconosciute, studiate, magari anche accettate finchè non diventano nocive per l'essere umano stesso.
E allora, almeno adesso che il Rag. Fantozzi possiamo immaginarlo davvero in paradiso, lasciamo che riposi in pace, non constringiamolo a contemplare la "luce" con una colonna davanti, non utilizziamone il messaggio per continuare l'opera di mistificazione che il suo personaggio ha denunciato per anni, riconosciamoci più umani e lavoriamo per definire meglio noi stessi proprio perchè Fantozzi ci ha insegnato che "definire" i bisogni degli altri è fin troppo facile...
Santo Cambareri
Stiamo lì a farci mettere in testa bisogni non nostri e mettere in testa agli altri esigenze che in realtà sono solo nostre, a volte Fantozzi a volte Duca Conte Gran Figl. Di Putt. ecc. ecc., a seconda dei casi.
D'altronde disconferma e mistificazione sono parte della comunicazione umana e come la gran parte dei comportamenti umani è importante che vengano riconosciute, studiate, magari anche accettate finchè non diventano nocive per l'essere umano stesso.
E allora, almeno adesso che il Rag. Fantozzi possiamo immaginarlo davvero in paradiso, lasciamo che riposi in pace, non constringiamolo a contemplare la "luce" con una colonna davanti, non utilizziamone il messaggio per continuare l'opera di mistificazione che il suo personaggio ha denunciato per anni, riconosciamoci più umani e lavoriamo per definire meglio noi stessi proprio perchè Fantozzi ci ha insegnato che "definire" i bisogni degli altri è fin troppo facile...
Santo Cambareri
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