Macchine pensanti
Iniziamo dall'ambizione più grande dell'Intelligenza Artificiale (disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali più complessi mediante l'uso di un computer): "costruire una macchina pensante". La rivista Science inserisce nella top-ten delle migliori scoperte scientifiche del 2014 la messa a punto di "Chip Neuromorfici". I ricercatori del Massachussetts Institute of Technology hanno compiuto un passo importante in questo campo riuscendo a realizzare dei chip in grado di imitare la "plasticità neuronale" il modo in cui le reti di neuroni biologici rispondono e si adattano quando entrano in contatto con nuovi pattern di informazione.
I ricercatori del MIT pensano di utilizzare il chip per studiare numerose funzioni cerebrali, come ad esempio il riconoscimento visivo, senza dover ricorrere a costose simulazioni su supercomputer. Un'altra interessante applicazione del dispositivo è come interfaccia neurale, ad esempio per la realizzazione di retine artificiali, o come neuroprotesi. Un passo importante per la produzione di sistemi artificiali pensanti, ma purtroppo o per fortuna, ancora troppo poco per avvicinarsi al carattere autopoietico dei sistemi viventi...Lasciatecelo dire - L'essere umano è e resta ancora..."un'altra cosa"!
Il Deja vù è un sintomo dell'epilessia
Non fatevi ingannare dal titolo. La ricerca, pubblicata su Cortex e portata avanti dall'Istituto di Bioimmagini e Fisiologia molecolare del Cnr, in collaborazione con la Clinica Neurologica dell’Università 'Magna Graecia' di Catanzaro, ha svelato gli scenari neurobiologici sottostanti questo affascinante e misterioso fenomeno psichico. Finora, non esisteva una risposta scientifica definitiva che ne spiegasse il funzionamento. "L’obiettivo era scoprire l'esistenza di una base anatomo-fisiologica comune nella genesi del déjà-vu tra soggetti sani e pazienti al fine di spiegare le basi di un fenomeno psichico che, in alcune circostanze, diventa patologico”, afferma Angelo Labate, neurologo associato dell’Ibfm-Cnr e docente presso l’Università 'Magna Graecia'. Dietro un deja vù ci sarebbero quindi piccole variazioni anatomiche, ma in aree cerebrali diverse: corteccia insulare per i soggetti sani, corteccia visiva e ippocampo per le persone affette da epilessia. Il deja vù in relazione a un episodio epilettico sarebbe quindi "un sintomo organico di una memoria reale, anche se falsa". "Diversamente, per i soggetti sani, tale modifica parrebbe dimostrare che l'esperienza del deja vu è in realtà un fenomeno di alterata sensorialità dello stimolo percepito, più che un ricordo alterato: noi pensiamo di aver già visto quel posto, ma in realtà è la sensazione che abbiamo provato nel vederlo che richiama uno stimolo mnestico precedentemente associato”.
L'Italia apre la strada al farmaco contro l'autismo
Anche qui la prudenza è d'obbligo. Nessuna cura miracolosa, nessun allontanamento dalla multifattorialità e dal paradigma bio-psico-sociale. Non c'è dubbio però che la scoperta, frutto di una ricerca tutta italiana guidata da Giuseppe Testa, dell'IRCCS Istituto Europeo di Oncologia e dell'Università Statale di Milano ed eseguita in collaborazione con il gruppo di Giuseppe Merla, dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG)
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Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/FoggiaToday , rappresenti un primo passo verso l'utilizzo di farmaci molecolari per il trattamento delle malattie mentali del neurosviluppo. Lo studio ha messo in luce come la disfunzione nell'attività di alcuni geni, provocata da alterazioni del loro "dosaggio" (cioè da quante copie di quel gene siano presenti nelle cellule), alteri fin da subito lo sviluppo del cervello, del cuore, delle strutture del viso, insomma di tutti i principali organi coinvolti in malattie genetiche che associano disabilità mentale e/o autismo a varie anomalie a carico di numerosi organi.
I ricercatori hanno studiato due malattie causate da alterazioni speculari nel dosaggio genico, cioè la perdita o la duplicazione di 26 geni che stanno sul cromosoma 7. La perdita di una copia di questi geni causa la sindrome di Williams,
malattia particolarmente interessante perché, a fronte di un ritardo
mentale risparmia però in gran parte il linguaggio e dà luogo a una
forma di ipersocialità o socievolezza, quella che i primi clinici
chiamavano "personalità da cocktail party". La duplicazione degli stessi
geni invece è stata da pochi anni associata all'autismo
che ha sintomi diametralmente opposti: socialità compromessa, fino al
cosiddetto ritiro autistico, associata appunto a gravi deficit nelle
capacità linguistiche. Quindi esistono due alterazioni -
simmetricamente opposte - del dosaggio genico, cui corrispondono
alterazioni - anche queste simmetricamente opposte - in aspetti fondativi della condizione umana quali il linguaggio e la socialità. Tra questi 26 geni, uno in particolare - chiamato GTF2I - gioca un ruolo chiave come "fattore di trascrizione", cioè come gene che a sua volta regola la funzione di molti altri geni, accendendoli o spegnendoli.
«Abbiamo
scoperto - spiega Giuseppe Testa - che GTF2I non agisce da solo, ma in
associazione con un importante enzima, LSD1, che è coinvolto anche in
molti tipi di tumore e contro il quale si sono cominciati a sviluppare,
anche qui in IEO, molti nuovi farmaci. Ebbene, siamo riusciti a
dimostrare che la somministrazione di farmaci contro LSD1 è in grado di
ripristinare il corretto funzionamento di alcuni circuiti molecolari,
anche in presenza di anomalo dosaggio di GTF2I, aprendo de facto la
strada allo studio di come questi inibitori farmacologici possano essere
un giorno impiegati anche nell'autismo e più in generale nelle malattie
mentali del neurosviluppo.
Addio brutti ricordi?
Un team di
neuroscienziati americani è riuscito infatti a invertire le associazioni
emotive legate ai ricordi. In pratica, quelli brutti sono stati
trasformati in piacevoli. L’eccezionale ricerca, condotta sugli animali e
descritta su Nature
dagli scienziati del Mit, «fotografa» il circuito cerebrale che
controlla come i ricordi si legano a emozioni positive o negative.
Inoltre i ricercatori hanno scoperto che potevano invertire
l’associazione emotiva di ricordi specifici. Il tutto manipolando
cellule cerebrali con l’optogenetica, una tecnica innovativa e
sperimentale che utilizza la luce per controllare l’attività dei
neuroni. Una nuova possibile via per il trattamento del Disturbo Post-traumatico da Stress? Probabilmente sì. Ma siamo proprio sicuri di voler rinunciare,in un futuro, ai nostri ricordi anche se dolorosi? E soprattutto potrà mai un farmaco eliminare efficaciemente gli effetti di un trauma senza minare il nostro adattamento? Lasciamo a voi eventuali considerazioni.
"La Bibbia n.5"
Non potevamo che chiudere questa breve rassegna con una delle novità più grandi che il 2014 ci lascia in eredità. E' di quest'anno infatti la pubblicazione, anche in Italia, della 5° edizione del Manaule Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM 5. Ecco alcuni cambiamenti introdotti:
- Nuove categorie per i disturbi dell’apprendimento e una categoria diagnostica unica per i disturbi dello spettro autistico, con inclusione di tutte le diagnosi: Asperger, disturbo dirompente dell'infanzia, disturbo pervasivo dello sviluppo (NAS). I membri del gruppo di lavoro inoltre raccomandano la modifica dell’etichetta diagnostica di “ritardo mentale”, da tramutare in “disabilità intellettuale”.
- Eliminazione delle attuali diagnosi di abuso da sostanze e dipendenza a favore della nuova categoria “dipendenze e disturbi correlati”. Questi includono disturbi da abuso di sostanza, dove ogni tipo di sostanza viene definita con la propria specifica categoria diagnostica. In questo modo sarà più semplice distinguere tra la ricerca compulsiva di sostanze, nell'ambito della dipendenza (“craving”), e la normale risposta di aumento della tolleranza nei casi di pazienti che usano quei farmaci che alterano il sistema nervoso centrale.
- Creazione di una nuova categoria diagnostica per le “dipendenze comportamentali” in cui verrà inserito il “gambling” (gioco d'azzardo patologico)
- Inserimento di nuove scale per valutare il rischio suicidario in adulti e adolescenti, con lo scopo di aiutare i clinici ad identificare coloro maggiormente a rischio. Le scale includono criteri derivati da ricerche sull’argomento, come ad esempio l’impulsività e l’uso di alcol in adolescenza.
- Considerazione di una nuova categoria di “sindromi a rischio” (“risk syndromes”), per aiutare i clinici a identificare precocemente eventuali disturbi mentali gravi, come demenza e psicosi.
- Inserimento della categoria diagnostica di “disregolazione del temperamento con disforia" (temper dysregulation with dysphoria, TDD), all’interno della sezione dei Disturbi dell'umore. I nuovi criteri saranno basati su studi precedenti con lo scopo di aiutare i clinici a distinguere i bambini con TDD da coloro i quali presentano un disturbo bipolare o un disturbo oppositivo- provocatorio.
- Riconoscimento del disturbo da alimentazione incontrollata (Binge Eating) e criteri più adeguati per le diagnosi di Anoressia (AN) e Bulimia Nervosa (BN).
Santo Cambareri